Pesa il no di un nutrito gruppo dei senatori M5s sulla strada di un decreto per risolvere il caso ex Ilva. Un fronte composto perlomeno da una ventina di pentastellati guidato dall'ex ministro Barbara Lezzi che è contrario a qualsiasi ipotesi di un provvedimento ad hoc sullo scudo penale. "Se ArcelorMittal non ci sta allora si allarghi il confronto ad altre aziende, non possiamo farci minacciare così", spiega un senatore M5s.
Anche per le resistenze interne a M5s il governo al momento dovrebbe prendere tempo sulle mosse da compiere riguardo al confronto con ArcelorMittal. Al di là dell'esito del vertice (potrebbe esserci un altro incontro la prossima settimana) che si è tenuto ieri mattina a palazzo Chigi - ArcelorMittal nella riunione di ieri ha mantenuto ferma la propria posizione ribadendo la necessità di riscrivere il contratto siglato - i dubbi continuano a riguardare proprio la tenuta di M5s che a palazzo Madama non riuscirebbe a 'reggere' l'urto di una norma preparata per sciogliere il nodo.
Fonti parlamentari Pd insistono nel dire che la strada del 'decreto omnibus' sarebbe quella più percorribile. L'ipotesi è quella di introdurre una norma generale che preveda tutele penali per tutte le aziende che si occupano di bonifica e misure per evitare lo spegnimento dell'altoforno 2. "Chi applica un piano ambientale non può risponderne penalmente se attua le disposizioni previste", ha spiegato oggi il ministro per il Sud, Provenzano.
Un'altra ipotesi è quella di portare avanti una norma contenente anche misure a sostegno dell'occupazione che potrebbe essere inserita all'interno della legge di bilancio sulla quale apporre la fiducia. Per mettere così i pentastellati critici sulla soluzione di una norma generale di fronte ad un bivio.
Tuttavia l'esecutivo deve fare i conti con ArcelorMittal che per ora ha avviato formalmente la procedura per la cessione del ramo italiano. Ma il possibile rinvio della decisione sull'ex Ilva rischia di complicare ancor più i piani del governo preoccupato, secondo quanto riferiscono fonti della maggioranza, che poi a votare un provvedimento ad hoc possano essere in Parlamento anche le forze dell'opposizione come la Lega, ovvero che il partito di via Bellerio possa essere decisivo.
Da qui la frenata. Oggi sarà il ministro Patuanelli ad informare il Parlamento sul caso, con il Pd che non nasconde i propri timori sulle crisi occupazionali. E con Zingaretti che ieri mattina ha riunito lo stato maggiore del partito per avvertire gli alleati che in questo modo non si va avanti. "Non si tiri troppo la corda che potrebbe spezzarsi", il 'refrain'. Nel mirino del Pd le mosse di Italia Viva e M5s sulla manovra e i continui distinguo di queste settimane. Per Italia viva pero' la minaccia delle elezioni anticipate è un'arma spuntata. "Si tratta solo di un bluff", sottolinea una fonte renziana.