In un’intervista a la Repubblica, Luigi Marattin, economista e vicecapogruppo di Italia Viva alla Camera dei deputati, protagonista ieri di un acceso scontro via Twitter con il ministro Franceschini, dice che lui si è “soltanto battuto per evitare l’aumento dell’Iva mentre lui negava dei dati di fatto”.
Marattin non demorde e non arretra, e non è intenzionato a chiedere scusa al collega parlamentare ed ex compagno di partito fino a poche settimane fa: “Non sono il tipo che porge l’altra guancia – dice – se mi attaccano io replico”. Ne ha per tutti Marattin, anche per il leghista Borghi che ritwitta i tweet di Marattin quando si diceva contrario all’aumento del deficit, che ora anche la maggioranza sembra invece invocare. E lui si difende dall’accusa di protagonismo e di essere “campione del controcanto” ribattendo: “Lo faccio perché non voglio che aumentino le tasse”. E poi si chiede: “Ma perché in questo Paese non si può mai dibattere nel merito delle cose?”
Ed è anche per questo che ha lasciato il Pd con Renzi e per Renzi, perché “volevo un posto dove poter dire, ad esempio, che la patrimoniale non si può fare, senza passare per uno di destra. O farsi rinfacciare da metà partito di avere fatto il Jobs Act”, risponde al quotidiano che lo sollecita. E se Marattin ha scelto Renzi è perché l’ex segretario ed ex premier “ha sdoganato il concetto per cui in politica si possono cambiare le cose senza chiedere il permesso a nessuno”.
Ma Marattin si ritiene ancora uomo di sinistra? “Se è dare un’opportunità a tutti – risponde alla domanda – lo sono ancora, se significa mantenere le protezioni in un mondo del lavoro che non c’è più, non lo sono”.