In una lunghissima intervista a Il Foglio Matteo Renzi dice che la prima differenza tra Italia Viva e il Pd è che “se un ventenne entra in una sezione del Pd gli chiedono ‘Con chi stai?’, noi dobbiamo chiedergli ‘Che cosa pensi? Che idee hai? Che cosa proponi?’. Non me ne frega niente di farti iscrivere alla mia corrente, mi interessa sapere come vuoi cambiare il mondo”.
Dopo di che l’ex premier ammette di dire queste cose “con una punta di amarezza” perché “avrei voluto cambiare il Pd e non ci sono riuscito. Paradossalmente la nostra azione di governo ha cambiato l’economia italiana più di quanto la nostra segreteria abbia cambiato il Pd. Ma forse le correnti del Pd sono ineliminabili se è vero che costituiscono il cruccio per tutti i segretari autenticamente riformisti”. Detto questo, aggiunge, “il mio avversario non è il Pd: il mio avversario è Salvini” anche se rispetto al Pd Renzi rivendica “un altro stile, un altro entusiasmo”.
Poi riflette sulla sconfitta referendaria dell’autunno di tre anni fa, 4 dicembre 2016, e dice che quel giorno “tutto cambia” ma “chi perde è innanzitutto l’idea che l’Italia possa diventare un luogo di stabilità politica”. Anche se tra il 2016 e il 2017 “arriva uno tsunami sulla politica mondiale”, tanto che “oggi paesi che erano strutturalmente stabili non lo sono più: il Regno Unito e la Spagna erano modelli di alternanza, oggi sono modelli di caos”.
Dunque il 4 dicembre “è anche stata la sconfitta di un modello politico” ma, “contrappasso dantesco”, paradossalmente “i principali sconfitti di oggi sono il centrodestra e i Cinque stelle perché non possono immaginare di governare l’Italia sulla base dell’attuale sistema e devono per forza inventarsi qualche accordo”. E proprio loro che dicevano “mai col Pd”, ora “stanno col Pd per colpa o grazie al loro No al referendum” e “quelli che prima erano inciuci oggi si chiamano contratti di governo: cambia il nome, non la sostanza”. E a sé Renzi ascrive il merito di aver “tentato di scrivere una pagina nuova che partisse dalla riforma istituzionale”.
E adesso, che si fa? “Adesso il principio di realtà ci dice che dobbiamo girare pagina”. E al il quotidiano che gli rimprovera di aver cambiato idea molto spesso in questi anni, specie sul fatto che “dobbiamo dire no ai partitini”, Renzi risponde di aver certo cambiato idea “sul restare dentro il Pd” perché “il Pd che festeggia la notte del 4 dicembre o che mette alla guida delle riforme chi ha votato No il 4 dicembre non può più essere casa mia”. E all’obiezione di aver fondato un partitino, l’unica risposta possibile è “farlo diventare un partitone, ci proveremo” promette Renzi.
“L’Italia aperta vince, l’Italia chiusa muore. Non lo dicono i futurologi, lo dice la storia”, aggiunge. Quindi una lunga digressione sugli scenari internazionali, rispetto ai quali conclude: “La partita europea, la partita americana e i rapporti con la nuova Via della seta in Cina aprono degli scenari meravigliosi. Se l’Italia prova a gestire una partita e se Macron prova a essere leader europeo c’è da divertirsi per tutti. Ma sono due punti interrogativi. Macron deve implementare le sue riforme e l’Italia deve tornare al tavolo da protagonista, non da comprimaria”.
Ritornando alla politica interna, all’economia, per la quale l’ex segretario del Pd e primo ministro ribadisce che “la prima manovra economica è stata cacciare Salvini e bloccare l’aumento dell’Iva”, per poi aggiungere di ritenere “Quota 100 un furto alle nuove generazioni. E un autogol per il bilancio del paese. Vedremo che cosa ci porteranno in Aula da votare e discuteremo ma Quota 100 è l’ennesima dimostrazione di come il populismo faccia danni a lungo termine”, mentre rispetto al Reddito di cittadinanza dice semplicemente: “È una misura che io non amo, notoriamente”. E che va aiutata “la parte positiva del ‘lavoro di cittadinanza’ che deve essere implementata” facendo sì “che non ci sia soltanto un sussidio ma che venga valorizzata anche la parte che riguarda la ricerca del lavoro”.
Poi, realisticamente chiosa: “Eliminare il reddito di cittadinanza sarebbe un’inutile provocazione ai Cinquestelle, cercare di trasformarlo sempre di più in un lavoro di cittadinanza può avere una logica anche per le aziende”.
Quanto all’aumento dell’Iva, la tassazione in generale, Renzi afferma la sua assoluta intenzione e volontà di aver fondato “un partito No tax” e “quello che potremo fare per evitare l’aumento delle tasse lo faremo” promette e giura che “il partito del Pil significa nella mia testa il partito di chi non si rassegna”. Poi sulla giustizia si limita a dire “vediamo che testo ci porteranno”. Su Italia Viva afferma che “sono convinto che quest’anno ci sarà un sacco di gente che ha voglia di impegnarsi e di iscriversi. Abbiamo ricevuto 10 mila euro al giorno per cinque giorni di fila con piccole donazioni sul sito dei Comitati”.
Su Greta pensa che “c’è una generazione di ragazzi che si è messa in moto e chi ironizza su Greta deve avere il coraggio di ammetterlo”. Quanto a Salvini ritiene che “non è pericoloso per la nostra democrazia ma per il nostro portafoglio. Perché se chiedi pieni poteri e poi scegli Borghi e Bagnai i mercati si agitano e a noi questo meccanismo ci massacra”. Che “la Brexit è il più grande labirinto mai immaginato dalla mente politica. Come va a finire? Con Boris tutto è possibile. In questo scenario, l’Italia è fondamentale e molti ministri mi raccontano di essere accolti calorosamente ai vertici europei”. Sul fine vita che “pretendere di eliminare la morte o semplificarla è disumano, per cristiani e no. La morte è la morte. Leggevo l’acuta riflessione di chi dice che ormai la morte è l’unico tabù rimasto: parlarne fa male, pensarci ancora di più”. Sullo Ius Soli che si può fare in questa legislatura “se ci sono i numeri” e “se Di Maio ci sta facciamo lo Ius Culturae”.
Infine, l’autonomia. È la battaglia che Renzi vorrebbe intestare a Italia Viva. E conclude: “Salvini forse sarà sconfitto dai guai giudiziari della Lega, dai suoi errori, dai suoi colonnelli che sono pronti a farlo fuori. Ma noi non risolveremo mai il problema Salvini se non affronteremo in modo serio il nodo dell’autonomia. L’autonomia alle regioni è solo un nuovo centralismo. L’Italia deve scommettere sulle autonomie ma sulle autonomie dei sindaci, non dei governatori. Devi portarti dietro il Nord, a cominciare dal Veneto. Ma anche i tanti bravi sindaci del Sud”.