“Il precedente governo ci ha insegnato che i nodi non si sciolgono con ultimatum sui giornali, ma sedendo a un tavolo e discutendo”. Eppure la prima mossa dell’ex ministro della giustizia Orlando è attaccare la proposta di riforma della giustizia approntata dal 5Stelle Alfonso Bonafede attraverso un intervista rilasciata a La Stampa, che apre la prima pagina del quotidiano di Torino.
Orlando, che non ha accettato nei giorni scorsi di entrare a far parte del governo per dedicarsi alla costruzione organizzativa del Pd, sostiene che “non si può pensare che un nuovo governo prenda per buono un testo che è stato costruito da due forze politiche che non ci coinvolsero minimamente, e di cui una era la Lega”. Perciò è più ragionevole sedersi intorno a un tavolo e “che si ricominci la discussione”. Non foss’altro perché il ministro Bonafede ha anche bloccato quella parte delle riforma Orlando che riguarda la norma sulle intercettazioni, un gesto che lo stesso Orlando definisce oggi “enfasi propagandistica” in quanto “nel mio testo non c’era nessuna sanzione per i giornalisti”.
Però su due tre cose, sostiene il dirigente Pd, “siamo già d’accordo e possiamo cominciare a lavorarci” per poi trovare in un secondo momento un’intesa anche “su quello che ci vede più distanti”. Tra le cose che uniscono i punti di vista 5S-Pd, secondo l’ex Guardasigilli ci sono ad esempio “l tema civile, l’emanazione del decreto che riguarda il fallimentare, il potenziamento delle infrastrutture nel settore giustizia”.
Ciò che invece divide drasticamente Pd e 5S, invece, è la cancellazione della prescrizione, atto che Orlando definisce “un errore” in quanto dentro un percorso processuale “si possono trovare equilibri compensando con altre garanzie”. Però, insiste, meglio sedersi a un tavolo prima di pensare a una discussione.
Tuttavia, al di là delle differenze di vedute, delle diverse impostazioni, dei contrasti che si possono aprire su certi aspetti, Orlando ritiene oggi che si sia “un governo profondamente rinnovato rispetto alle compagini precedenti, con un’età media giovane, ma non improvvisato” che è al tempo stesso “un’esperienza inedita, con mille incognite” e che potrà durare “se sapremo dare riforme al Paese”. E lui vede “le condizioni perché questo avvenga” anche se ha sempre pensato che “nei 5S ci siano spinte interne compatibili con il Pd e altre di segno opposto: bisogna fare prevalere le prime” aggiunge Orlando.
Nel corso dell’intervista l’ex titolare del dicastero di via Arenula a Roma tra il 2014 e il 2018 nei governi Renzi e Gentiloni, sostiene anche sul tema dell’immigrazione vanno dati segnali di discontinuità “ma non rinunciamo al controllo dei flussi né ignoriamo che l’integrazione, se non funziona, può portare a problemi di convivenza”. E sul fatto di rimettere mano ai decreti sicurezza varata sotto l’egida dell’ex titolare del Viminale Matteo Salvini, Orlando dice che intanto “il punto di partenza imprescindibile è accogliere i rilievi del capo dello Stato”. E poi in un secondo tempo fare una valutazione complessiva “che vada oltre ‘porti aperti-porti chiusi’ e passi dal rapporto con l’Europa e le modalità di integrazione”.
In fondo, chiosa, “abbiamo fatto il governo proprio perché non volevamo che quel tipo di politica continuasse”. E una prima discontinuità “è che non c’è più un ministro dell’Interno che usa i migranti come uno spot quotidiano”.