Quanto è stato decisivo Matteo Renzi nel varo del nuovo governo? A la Repubblica che glielo chiede in un’intervista, Nicola Zingaretti risponde che “c’è stata un’iniziativa di Matteo, che ha cambiato posizione affermando che l’intesa con il M5S, vista la situazione, non poteva più essere un tabù”.
Poi però Goffredo Bettini, che di Zingaretti è un po’ il mentore e consigliere, “ha ragionato sul fatto che non potesse bastare un governo a termine”. “Io ho ascoltato” aggiunge il governatore, che non manca una polemica con chi lo critica “per il fatto che non alzo la voce o non sbatto i pugni sul tavolo, ma io rivendico il fatto di fare il leader in un altro modo, guidare il partito, fare una sintesi, passi in avanti senza divisioni”.
Quanto a Renzi, Zingaretti ritiene poi che “Renzi, di fronte al pericolo vero di una affermazione schiacciante di Matteo Salvini, si sia sentito in dovere di assumere una nuova posizione, anche a costo di superare le scelte politiche del passato”. Però, quel che è giusto oggi, poteva valere anche all’indomani del 4 marzo 2018. Cioè, è stato un errore non allearsi allora con i 5S? Alla domanda Zingaretti risponde che “all’epoca non ero io il segretario” e poi “il 4 marzo vincevo le elezioni – aggiunge – e restavo presidente della Regione Lazio”.
Per quel che lo può riguardare, dunque, lui può però dire solo questo: “L’idea di non equiparare Lega e M5S era uno dei passaggi chiave del mio impianto politico, votato ai gazebo delle primarie non da 60 mila persone, con tutto il rispetto per il referendum su Rousseau, ma da 1 milione e 600 mila cittadini”, chiosa vantando un consenso e un confronto di altre proporzioni.
Poi Zingaretti si rallegra del risultato ottenuto con il nuovo governo perché “è un esperimento che ha già archiviato un brutto periodo per l’Italia: la stagione dell’odio, della perenne fibrillazione del quadro politico e della ricerca del capro espiatorio per fini di consenso personale. È un primo risultato di cui fare tesoro”. Perché l’esperienza consumata con il governo gialloverde “conferma che non si può governare da nemici”. Ma va fatto il confronto, e “il programma condiviso tra Pd e M5S è un buon presupposto per un confronto che non dovrà essere di potere, ma di contenuti”.
Ora il segretario-governatore si aspetta solo “un governo che metta al centro le persone, la loro dignità e la capacità e voglia di realizzarsi e costruirsi il futuro”, anche se non sa dire se sarà un governo “di pacificazione, ma di svolta senz’altro”. Dove “il rispetto reciproco deve essere una bussola costante dell’azione di governo”.
Però un risultato con il nuovo esecutivo è già stato raggiunto: “Il risparmio di 5 miliardi di euro di interessi sul debito e, di questo passo, potrebbe valerne 15 nel 2020” attraverso il calo dello spread e l’andamento incoraggiante della Borsa.
L’alleanza al centro può allargarsi anche alla periferia? Se all’orizzonte e a breve ci sono consultazioni amministrative importanti, Zingaretti dice solamente: “Decideranno le Regioni sulla base di convergenze di programma, come è giusto che sia”. Quanto alla legge elettorale, dopo l’eventuale taglio dei parlamentari, “sarà uno dei temi da affrontare”.