Il nobile dal "passato gruppettaro", il "Rutelli boy", il ministro degli Esteri e presidente del Consiglio. Nella parabola umana e politica di Paolo Gentiloni si possono rintracciare queste tre vite e, forse, anche qualche altra.
Nasce nel 1954 dalla famiglia dei conti Gentiloni Silveri, nobili di Filottrano, Cingoli, Macerata e Tolentino e ha tra i suoi antenati quel Vincenzo Ottorino che agli inizi del Novecento porta i cattolici nella vita politica italiana. Riceve un'educazione cattolica, frequenta una scuola montessoriana (come ricorderà con orgoglio più volte nelle sue uscite pubbliche) e fa il catechista con la figlia di Aldo Moro.
Ma da ragazzo è uno spirito irrequieto: frequenta il liceo Tasso, scuola dell'alta borghesia romana, durante il Sessantotto e nel 1970 scappa anche di casa per andare a partecipare a una manifestazione studentesca a Milano.
Durante gli anni della Sapienza, dove studia Scienze politiche, entra nel movimento studentesco di Mario Capanna dal quale esce non appena questo confluisce nel Partito di Unità Proletaria per il Comunismo. Sono anni di fervore politico e intellettuale e Gentiloni abbraccia l'idea Maoista: la sua personale rivoluzione culturale passa per il Movimento dei Lavoratori per il socialismo, che lui stesso contribuisce a fondare divenendone segretario regionale fino a quando anche questo non confluisce nel Partito di Unita' Proletaria per il comunismo.
L'esperienza nella sinistra extraparlamentare permette comunque a Gentiloni di conoscere Chicco Testa ed Ermete Realacci e di accostarsi al movimento ambientalista.
Diventa cos direttore di La Nuova Ecologia, nel 1984, dove rimane per otto anni. Conosce Francesco Rutelli e diverrà un componente dei cosiddetti "Rutelli Boys" insieme ad altri esponenti dell'attuale Pd: Michele Anzaldi, Roberto Giachetti e Filippo Sensi. Entra nella prima Giunta Rutelli come assessore al Giubileo e al Turismo (1993) e nel 2001 diventa deputato della Margherita.
Nel 2006 diventa ministro delle Comunicazioni del governo Prodi II: durante il suo mandato parlamentare aveva ricoperto il ruolo di presidente della Commissione di Vigilanza Rai e si era occupato della riforma della legge Gasparri sull'emittenza radiotelevisiva adeguandola alla normativa europea.
E' rieletto deputato nel 2008, ma è nel 2014 che arriva la consacrazione internazionale con la sua nomina a ministro degli Esteri e della cooperazione internazionale. Gentiloni, che parla fluentemente tre lingue oltre all'italiano, si muove come un veterano dei rapporti diplomatici e quando, nel 2016, cade il governo Renzi è lui a prendere le redini di Palazzo Chigi.
Da premier, mette la firma agli accordi sui migranti con il premier libico Fayez al Sarraj, assieme al ministro dell'Interno Marco Minniti. Ma è con le celebrazioni dei 60 anni dei trattati di Roma e con il G7 di Taormina che Gentiloni ottiene i suoi maggiori successi a livello diplomatico. Dopo le politiche 2018, perse contro i Cinque Stelle, Gentiloni decide di staccarsi da Matteo Renzi, di cui era stato uno dei primissimi sponsor, e sostiene Nicola Zingaretti nella corsa alle primarie diventando, dopo la vittoria del presidente della Regione Lazio, presidente del partito.