Che fine ha fatto la lettera promessa da Giuseppe Conte a Bruxelles per difendere la politica economica del governo ed evitare così la procedura d’infrazione? “Non tutto fila liscio, nella limatura” scrive la Repubblica in edizione cartacea. Previsto per martedì, l’invio potrebbe slittare “addirittura a giovedì”. Anzi, potrebbe essere persino che il premier Conte la consegni “forse direttamente brevi manu a Jean Claude Junker”, a margine del Consiglio europeo del 20 e 21 giugno. Irrituale, ma possibile.
Intanto per mercoledì il premier pensa ad un vertice con i due vice “per concordare i paletti con cui ribattere alle obiezioni della Commissione”. Ma non è detto che conte riesca nel tentativo di metterli insieme e farli sedere allo stesso tavolo. Perché, come fa capire il quotidiano diretto da Carlo Verdelli, “in casa 5 Stelle, soprattutto, fonti di governo parlano di ‘situazione cambiata’ e di ‘mossa non più necessaria’”. Ovvero? Ci sarebbe “poca voglia di mettere nuovi impegni nero su bianco, da parte degli alleati giallo-verdi” fa intendere il giornale. In verità, l’obiettivo non dichiarato sarebbe quello di rallentare la trattativa con l’Europa, “facendo slittare di qualche giorno la ‘sentenza’ della Commissione, prevista in teoria per l’Ecofin del 9 luglio”. Una mossa che impedirebbe a Salvini di rompere sull’Europa “in tempo utile per sfruttare la finestra elettorale di settembre”.
Ma su questo ultimo aspetto che riguarda i tempi delle eventuali quanto possibili elezioni, sempre la Repubblica offre scenari inediti con un articolo a firma Concita De Gregorio, secondo cui è il Quirinale “la vera posta dei litigi Lega-5S”. Dietro al balletto delle date e delle finestre possibili per convocarle ci sarebbero “le grandi manovre sul successore di Mattarella e su quale Parlamento dovrà eleggerlo”, in considerazione del fatto che la fotografia attuale vede un Parlamento a maggioranza grillina, Lega in minoranza” uscita dalle elezioni 2018. Cioè “la foto inversa rispetto all’esito delle europee”. Interrogativo: “Salvini può lasciare a Di Maio la posizione dominante nella scelta politica capitale per il futuro del Paese, il prossimo settennato?”
Ma tornando ai tempi di invio della missiva alla Ue, anche il Corriere conferma che “non è affatto detto che parta già domani sera”. Semmai “potrebbe slittare a dopo mercoledì”, giornata che per altro si prefigura come “campale”, secondo il quotidiano di via Solferino, perché “alle 20 è fissato il consiglio dei ministri e addirittura più tardi la delicata riunione sui temi della Giustizia tra il ministro stellato Bonafede e quella leghista Bongiorno”. Tuttavia, Il Messaggero, che non fa menzione dei tempi con cui la lettera partirà o meno alla volta di Bruxelles, scrive che questa avrà “una valenza soprattutto politica” puntando ad affermare le ragioni della crescita rispetto a quelle dell’austerità”. E sono queste le chances che Conte e Tria si giocheranno in Europa per evitare la procedura d’infrazione. Giocando anche su modifiche del Decreto dignità e una certa dose di frenata sul tema del salario minimo.
Resta il fatto che per il quotidiano milanese “l’agenda economica del governo è serrata”, tanto che Claudio Borghi, il presidente della commissione Bilancio della Camera, la mette giù così: “Con l’Europa, le questioni vanno dall’assegnazione all’Italia di un commissario economico, al membro del board della Bce fino alla discussione sulle regole”. Tradotto, significa che “vanno ridiscussi alcuni indicatori come quello sul pil potenziale. E poi, lo scorporo degli investimenti dal patto di stabilità: fino ad oggi non si è riusciti a farlo in maniera esplicita, si potrebbe provare in maniera creativa facendo approvare dal Parlamento europeo un elenco di 100 grandi opere finanziate direttamente dalla Bei”.
In definitiva, l’agenda del governo continua a esser e stretta in una tenaglia: da una parte, la procedura di infrazione per eccesso di debito, dall’altra la volontà continuamente ribadita dal leader leghista “di abbassare le tasse allargando la platea dei destinatari della flat tax”. Ipotesi ribadita anche oggi dal sottosegretario al lavoro, il leghista Durigon, intervistato dal Corriere. Ma sul primo braccio della tenaglia, cioè la procedura d’infrazione, il professore anti-euro e senatore leghista Alberto Bagnai, ultimamente in odore di promozione come ministro degli Affari europei, si lascia andare ad una dichiarazione molto dura verso un certo ”atteggiamento mafioso” da parte di Bruxelles: “In questo momento c’è bisogno di creare un incidente che tanga l’Italia sotto sostanziale potere di ricatto: ti faccio la procedura se tu non accetti una serie di cose” dichiara Bagnai, che però si dice convinto che “il ministro Tria opporrebbe un fermo no” si legge su Il Messaggero, il Corriere e anche su la Repubblica.