Un grosso manifesto di 108 metri quadrati, raffigurante uno scambio di battute ironiche tra i due vicepremier, Matteo Salvini e Luigi Di Maio, è rimasto arrotolato nel gazebo della Uil a piazza del Popolo. A raccontare il motivo è il segretario generale della Uil Fpl, Michelangelo Librandi: "Volevamo mettere lo striscione al Pincio perché molto grande, ma ci hanno bloccato. Abbiamo poi provato a metterlo per strada ma è intervenuta la Digos dicendo che visto che era contro i due vicepremier questo striscione non poteva essere aperto. Lo abbiamo portato qui in piazza del Popolo al gazebo e mi dicono che ci sono persone delle Digos che ci piantonano perché non lo dobbiamo aprire. Oltretutto era uno striscione solo ironico. Non mi sembra che ci sia nulla di offensivo. Nello striscione abbiamo ripreso una frase che dice spesso il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, secondo cui 'mettersi contro il sindacato porta sfiga"'.
Nelle foto dello striscione mostrate ai giornalisti si vede una vignetta raffigurante un dialogo tra i due vicepremier: "Matte', dicono che mettese contro il sindacato porta male", dice Di Maio. "Si, Giggino, lo so. Infatti me sto a porta' avanti con il lavoro", risponde Salvini raffigurato con la maglia blu della Uil Fpl intento a scattare un selfie.
Nonostante la "censura" del nostro Striscione oggi e' stata una grande mobilitazione pic.twitter.com/p3kDHItJ47
— UIL FPL NAZIONALE (@UILFPLNAZIONALE) 8 giugno 2019
La Questura, però, ha dato un'altra interpretazione della vicenda: lo striscione non è stato esposto non per quello che c'era scritto ma perché ritenuto "lesivo del decoro paesaggistico".
"Questa mattina - precisa una nota su quello che viene definito il 'presunto blocco' - personale impiegato nel servizio di ordine pubblico, predisposto in occasione della manifestazione in favore del rinnovo del contratto di lavoro dei dipendenti pubblici, ha esortato alcuni manifestanti, appartenenti al sindacato della Uil, a rimuovere uno striscione posto su una parete di interesse storico culturale, sita in via Adamo Mickiewicz, nei pressi del Pincio. Nessuna valutazione è stata fatta circa l'aspetto contenutistico, ma si è ritenuto che lo striscione fosse lesivo del decoro paesaggistico, così come previsto dall'articolo 49 del Codice dei Beni Culturali e del paesaggio, dove espressamente si vieta il collocamento o l'affissione di cartelli o altri mezzi di pubblicità sugli edifici e nelle aree tutelate come Beni culturali. E' inoltre prevista una comunicazione preventiva ai competenti uffici del Comune nel caso in cui si voglia procedere a tali esposizioni che, nella circostanza, non è stata effettuata, così come confermato dagli uffici capitolini".
"Lo striscione - ricorda ancora la questura - è stato poi ripiegato autonomamente dai manifestanti e lasciato nella loro libera disponibilità. Giova precisare che già in precedenti ed analoghe situazioni non è stata consentita l'esposizione di manifesti e di striscioni nel medesimo posto".
"Mi occupo di lotta alla mafia, alla camorra, alla droga, ai trafficanti di esseri umani e non faccio guerre agli striscioni. Infatti ce ne sono ovunque e di ogni tipo. Ho dato indicazioni, già nelle scorse settimane, di non intervenire. Rispetto ovviamente la scelta della questura di Roma cosi come rispetto le forze dell'ordine che proteggono gli italiani dalla mattina alla sera" ha detto Salvini.
Da parte sua Di Maio ha subito chiarito: "Senza alcuna polemica: non ho mai chiesto e non mi sarei mai sognato di chiedere la rimozione di uno striscione che, ironicamente e pacificamente, critica il governo. La libertà di pensiero vale sempre. Questo è un principio che, come MoVimento 5 Stelle, per primi, abbiamo sempre difeso e che continueremo a difendere. Che ad esporlo siano le sigle sindacali o chiunque altro non importa, ognuno ha il diritto di esprimere le proprie idee nel rispetto del decoro e della legge. Lo dice la nostra Costituzione e non dobbiamo dimenticarlo. A dimostrazione di quel che dico, quello striscione lo espongo io. Eccolo. Evviva la liberta'!".
Il Pd non si è fatto sfuggire l'occasione per chiedere al governo di rispondere in aula di quanto è successo. "Si tratta di un episodio che va verificato. Se fosse vero che si è impedito nel corso di una manifestazione sindacale di aprire uno striscione per motivi di carattere politico, di espressione di critica, sarebbe un fatto di una gravità inaudita" ha detto il segretario, Nicola Zingaretti, "Sicuramente faremo interrogazioni perché si comprenda cosa è accaduto e si agisca di conseguenza".