La lotta al problema atavico delle liste d’attesa, la difesa dei fondi per la sanità pubblica, il tema spinoso dei vaccini: è stato un anno intenso per Giulia Grillo al ministero della Salute, ricco di cose fatte (“come voto mi do un bel 7”, dice), ma che lascia ancora tante cose da fare: “Dobbiamo fare molto di più per mamme e bambini, ad esempio”, ammette. Dodici mesi dopo il giuramento nelle mani di Mattarella, il ministro-medico targato 5 stelle racconta la sua esperienza in un lungo colloquio con l’Agi, elencando i punti del suo programma ancora da attuare, “se il mio mandato andrà avanti – confida, pensando anche all’esito del voto europeo – come spero”.
Ministro Grillo, il 1° giugno 2018 il governo Conte si insediava formalmente, e lei entrava al ministero della Salute. È tempo di primi bilanci, insomma. Specie per un ministero così delicato come quello da lei guidato. La prima domanda è secca: lei che voto si darebbe?
"È già passato un anno dal giuramento nelle mani del presidente Mattarella, mi sembra ieri. Il tempo è corso velocissimo, le cose fatte sono state tante, ma sono solo l’inizio di un programma che ha bisogno di tutti i 5 anni per essere attuato, per questo mi do come voto un bel 7, perché ho trovato una situazione difficile piena di nodi da sciogliere, ma vorrei arrivare a un voto ancora più alto, perché c’è tanto da fare e bisogna farlo bene".
"Nel frattempo sono anche diventata mamma, mi sembra tutto incredibile: in pochi mesi tanti cambiamenti. E per le mamme e i bambini dobbiamo fare molto di più".
In una parola, come definirebbe il suo anno al ministero? E quali sono secondo lei i principali risultati ottenuti?
"La parola che userei per caratterizzare il mio mandato è innovazione. Perché è quello che sto cercando di fare per rilanciare l’SSN che come dico sempre è la nostra più grande infrastruttura. Il sistema salute dà lavoro a oltre due milioni di persone e garantisce le cure a chiunque ne abbia bisogno a prescindere da dove si trovi o dalle sue condizioni economiche".
L’Ssn genera valore, ricchezza, produce idee, ricerca, modelli di gestione e terapeutici. Dobbiamo esserne molto più consapevoli.
"L’Ssn siamo noi e per questo ho messo mano alle fondamenta del sistema: liste d’attesa, nomine dirigenziali, governance del farmaco (che porterà presto a un nuovo prontuario) e dei dispositivi medici (a partire dalla tenuta dei registri per una maggiore sicurezza), formazione post laurea dei medici, rilancio dell’edilizia sanitaria, nuovi modelli organizzativi per superare il sovraffollamento nei pronto soccorso e sto lavorando a misure per superare la carenza dei medici e degli infermieri. Senza lasciare indietro i territori più fragili: per questo ho fortemente combattuto per un decreto legge che finalmente affondasse come un bisturi nella situazione calabrese, dove la sanità costa di più e funziona di meno".
"Il decreto Calabria, che commissaria completamente la sanità regionale pretendendo dai nuovi commissari risultati certi e misurabili, è una misura emergenziale e temporanea per una situazione eccezionale: mai nessuno aveva avuto il coraggio di spezzare il legame tossico politica-sanità e di farlo in un territorio funestato dalla criminalità organizzata. Tra poco i cittadini calabresi avranno i risultati di questo provvedimento e anche chi mi ha criticato dovrà ricredersi".
Ha nominato uno dei problemi più sentiti dai cittadini, quello dei tempi di attesa. Concretamente come è intervenuta per migliorare la situazione, che soprattutto in alcune zone d’Italia purtroppo innesca il passaggio nel privato o addirittura la rinuncia alle cure?
"A pochi giorni dal mio insediamento ho preso di mira il dramma delle liste d’attesa che tanto impattano sulla salute dei cittadini: il piano nazionale che ne avrebbe dovuto gestire l’organizzazione mancava da 10 anni ed era stato lungamente disatteso. Liste d’attesa infinite nella sanità pubblica significano cure inaccessibili per i pazienti, che poi per tagliare i tempi si rivolgono al privato, se possono permetterselo, ma in troppi finiscono per rinunciare alle cure".
"Ho chiesto alle Regioni di inviarci i dati sulle varie prestazioni per avere una fotografia aggiornata della situazione, ogni territorio ha una situazione diversa, i dati sono praticamente poco comparabili. Per questo ci siamo messi a lavorare a un nuovo Pngla, il piano nazionale per la gestione delle liste d’attesa, che a febbraio è stato recepito dalla conferenza stato-regioni e ora ogni Regione è impegnata ad aggiornare il proprio sistema. Per sostenere la digitalizzazione dei sistemi di prenotazioni abbiamo stanziato 350 milioni".
"L’efficienza è una questione di organizzazione e per questo pretendo che il buon funzionamento delle liste d’attesa sia uno dei parametri per valutare i direttori generali, chi è inefficiente a livello organizzativo non può dirigere un’azienda sanitaria o un ospedale: il sistema cambia se le regole vengono applicate con serietà. Credo allo scambio di buone pratiche, dove si fa bene è giusto esportare modelli efficienti per aiutare i territori in difficoltà".
Sicuramente tra le questioni più spinose che ha dovuto affrontare dal suo arrivo al ministero c’è quella dei vaccini. Non è un segreto che una parte del suo elettorato è contraria alla legge Lorenzin con le sue dieci vaccinazioni obbligatorie. D’altra parte lei è un medico, e non ha mai offerto sponde alle estremizzazioni dei no-vax.
"Come ho detto fin dal primo giorno, la legge Lorenzin va superata perché è stato un provvedimento emergenziale legato al calo di coperture vaccinali, ma è insufficiente perché non mette in campo azioni di lungo periodo, si limita a imporre senza spiegare".
"Io ho insediato al ministero un tavolo di esperti indipendenti (tavolo Nitag) per definire le politiche vaccinali. Dobbiamo recuperare un rapporto di fiducia con i genitori, che devono conoscere i rischi a cui espongono i figli non vaccinandoli".
"Abbiamo un disegno di legge molto articolato all’esame del Parlamento. Da lì dovremo ripartire, fermo restando l'obiettivo del 95% delle coperture così come impone l'Oms".
Altro tema spinoso per la sanità pubblica: i fondi. Tutti i governi giurano di voler aumentare le risorse, ma poi quasi sempre qualcosa viene dirottato su altre voci di spesa. Su questo punto, che poi è storicamente uno dei temi qualificanti del Movimento 5 stelle, qual è il suo bilancio?
"Quest’anno abbiamo aumentato il Fondo sanitario nazionale di 1 miliardo, ma ne abbiamo stanziati 4,5 per il triennio, una cifra mai stanziata prima e che rivendico. Riusciremo poi a chiudere il Patto per la salute che traccerà la rotta per la nostra sanità per il prossimo triennio".
"La nostra sanità è stata messa in ginocchio dalla cattiva politica che l'ha usata come un bancomat. Sto lavorando alla concretezza, senza troppi annunci: mi reco di persona sui territori, visito gli ospedali per rendermi conto delle situazioni e non faccio vita di rappresentanza. Lavoro in modo tenace, senza fronzoli, e taglio pochi nastri. Sono una donna concreta e il tempo sembra non bastare mai per fare tutto".
A questo proposito, l’ultima domanda è sul futuro: ci sono, almeno in teoria, ancora quattro anni di mandato. Quali sono le sue prossime priorità, le cose ancora da fare?
"La nostra sanità è fatta di grandissimi professionisti, donne e uomini che ogni giorno ci mettono testa, cuore e orgoglio. Sono il mio primo pensiero e per questo, se il mio mandato andrà avanti come spero, dobbiamo riaprire la stagione dei contratti risolvendo due nodi: quello della dirigenza pubblica, con il ccnl bloccato da 10 anni e quello della sanità privata con contratti fermi da 12 anni. Il lavoro va pagato in modo equo e anche se il mio ministero non può chiudere i contratti farò il possibile perché Funzione Pubblica, Mef e organizzazioni datoriali facciano la loro parte. I lavoratori sono il pilastro del Sistema sanitario".
"Ringrazio tutti loro, ogni giorno perché costruiscono con il loro lavoro il nostro sistema sanitario che accoglie tutti, e dobbiamo esserne fieri".
"Sono riuscita a ottenere dal Mef ben 8mila borse di specializzazione per i giovani medici italiani, noi in quasi un anno di governo abbiamo stanziato 1.800 borse in più. Tutti i governi precedenti ne avevano messi in totale 1.000 dal 2014 al 2017".
"La scorsa settimana le aziende farmaceutiche hanno finito di pagare i debiti che avevano con lo Stato, nello specifico con le Regioni. Abbiamo guidato una mediazione con Regioni e Industria e chiuso una partita che durava da 6 anni, portando 2,4 miliardi nelle casse delle regioni. Una cifra che permetterà alle Regione di rifiatare e di avviare le assunzioni che non possono più aspettare".
"Nei prossimi mesi vorrei concretizzare i tanti provvedimenti a cui abbiamo lavorato, portando avanti misure per valorizzare ancora di più il diritto alla salute, che deve tornare a essere in cima alle priorità della politica".