Siri è già un ex sottosegretario? C’è già chi la vede così. Francesco Verderami, sul Corriere della Sera, per esempio. “Avrà una settimana di tempo per dimettersi e togliere così Salvini dall’angolo in cui si è cacciato, evitando al vicepremier l’onta di un Consiglio dei ministri in cui dovrebbe scegliere se assecondare la revoca del suo rappresentante nel governo o aprire la crisi per difenderlo”. Ma è già crisi di governo? E chi la aprirà per primo? O il governo si scioglierà da sé come neve al sole?
I fatti raccontati dal Corriere
Ruotano intorno a questi interrogativi le problematiche del “caso Siri”, il sottosegretario leghista accusato di corruzione per aver favorito un imprenditore siciliano con alcuni emendamenti riguardanti l’installazione di impianti per l’eolico ricevendone in cambio una presunta tangente da 30 mila euro, e al quale ieri il premier Conte ha dato l’avviso di sfratto: “Le dimissioni o si danno o non si danno, le dimissioni future non hanno molto senso” rispondendo così ad una chat della Lega in cui il sottosegretario alle 18,26 – quattro minuti prima dell’appuntamento con Conte – scrive: “Sono innocente, ribadisco di avere sempre agito correttamente, nel rispetto della legge e delle istituzioni, e di non avere nulla da nascondere”.
E ancora: “Confido che una volta sentito dai magistrati la mia posizione possa essere archiviata in tempi brevi. Qualora ciò non dovesse accadere, entro 15 giorni, sarò il primo a voler fare un passo indietro rimettendo il mio mandato, non perché colpevole, bensì per profondo rispetto del ruolo che ricopro”. “Ma cosa credono? Non mi possono mica scaricare così. Non mi possono mica usare come carne da macello per la campagna elettorale delle Europee. Io resisto”, riporta il Corriere. Il cortocircuito è tutto qui, in questo rapporto azione-reazione Siri-Conte.
Adesso, invece, la decisione passa al prossimo Consiglio dei Ministri nel quale Conte porterà il caso sul quale decidere. Con voto o senza? Siri si dimetterà prima o costringerà Salvini “a scegliere se assecondare la revoca del suo rappresentante nel governo o aprire la crisi per difenderlo”?, come suggerisce Verderami.
Travaglio racconta il premier che non media più
Le aperture delle prime pagine su tutte dedicate a “Conte sfida Salvini: via Siri” titola il Corriere; “Salvini si arrende” registra Il Giornale, per il quale “il governo è in crisi”; “’Via Siri’: Conte dà una lezione etica a Salvini” secondo Il Fatto Quotidiano; “Siri, schiaffo di Conte alla Lega” mette l’accento Il Messaggero; “Frattura scomposta” sottolinea la Repubblica, giornale secondo il quale “Di Maio pressa e Conte licenzia”; “Conte sfratta Siri e sfida la Lega” titola La Stampa.
“Alle sette e qualcosa della sera, il premier che vuole sempre mediare non media più. Perché è furibondo e stufo, di Armando Siri. Così gli lancia un avviso di sfratto che mette la Lega di fronte a un bivio e il governo più vicino al precipizio verso cui correva da settimane, quello della crisi” scrive Il Fatto, il cui direttore, Marco Travaglio chiosa: “Ci voleva un ‘premier per caso’, che non deve conquistarsi riconferme o ricandidature o rielezioni, per dire ciò gli italiani onesti attendevano di sentirsi dire da tempo immemorabile. Non basta un’indagine a stroncare la carriera di un politico, ma non basta neppure l’assenza di una condanna definitiva per lasciarlo al suo posto. Tutto dipende da ciò che ha fatto e dal giudizio etico, deontologico e politico che si dà della sua condotta, con tempi e parametri totalmente diversi da quelli penali”.
Repubblica racconta di un Salvini furioso
E Matteo Salvini? “Matteo Salvini è in conferenza stampa con il premier ungherese Viktor Orban, quando ai giornalisti italiani che lo seguono a Budapest arriva la notizia che Giuseppe Conte avrebbe chiesto da lì a poco le dimissioni di Armando Siri. Il ministro dell’Interno non ne sapeva nulla, non è stato chiamato al telefono dal presidente del Consiglio per anticipargli la decisione dirompente di portare in Consiglio dei ministri la sua proposta di revocare l’incarico al sottosegretario leghista. Lascia la residenza del capo del governo magiaro e va al ricevimento all’ambasciata italiana, ma intanto concorda la nota con la quale Siri dice di essere disponibile a dimettersi se entro 15 giorni dopo l’incontro con i magistrati la sua posizione non verrà archiviata” riferisce La Stampa. “Dissimula tranquillità ma è furioso. ‘Ma che gli salta in mente, questi vogliono la crisi di governo in piena campagna elettorale? È una follia. Non vogliono nemmeno aspettare che Siri parli con i magistrati, che spieghi come stanno le cose?’” “Vorrei sapere cosa gli sta saltando in mente. Hanno deciso di aprire una crisi in piena campagna elettorale? Una follia, ci stanno provando in tutti i modi. Perché questa fretta?” registra la Repubblica.
Per il Giornale il M5s ha messo Salvini con le spalle al muro
“Adesso Matteo ha le spalle al muro” commenta Il Giornale, che in un editoriale del direttore Sallusti rileva: “E una sola via d’uscita: fare saltare il governo, non sul signor Siri ma su un principio, quello garantista, ben più importante. Lo farà? Non lo so, ma non penso ne abbia la forza e il coraggio. Peccato, ci avevamo sperato anche perché l’alternativa è bella e pronta come dimostrano tutti i sondaggi. Se si andasse a votare domani è certo che Salvini potrebbe andare a Palazzo Chigi non come ospite-socio mal sopportato, ma come premier e leader di un vasto schieramento, il vecchio centrodestra, ancora ben radicato nel Paese. In ogni caso è evidente che questo governo potrà continuare per un po’ a fare danni ma politicamente, e in quanto a fiducia e rapporti umani tra le sue componenti, è morto ieri sera.
“Tuttavia Salvini non può aprire la crisi” rileva Verderami. “Non ora e comunque non su una vicenda giudiziaria. Conte lo sa, perciò ha orchestrato di concerto con Di Maio, ma con un forte grado di autonomia rispetto al capo dei grillini, preludio di un disegno personale. La sua mossa infatti è la rappresentazione plastica del duello con chi ‘vorrebbe prendere il mio posto’, cioè con il titolare dell’Interno, che a sua volta lo accusa di ‘aver violato i patti’ e di non esser e più ‘neutrale’”.
La patata bollente pasa però anche nelle mani del Quirinale, e “la decisione finale spetterà al capo dello Stato” come spiega al Corriere il costituzionalista Massimo Luciani, che illustra l’iter: “sottosegretari vengono nominati co n decreto del presidente della Repubblica, su proposta del presidente del Consiglio, di concerto con il ministro competente, sentito il Consiglio dei ministri. Serve un atto giuridico uguale e contrario. E non sembra dubbio che alla proposta del presidente del Consiglio debba seguir e un decreto del capo dello Stato (…) Toccherà dunque al capo dello Stat o trarr e le conclusioni”.