Dopo settimane in cui i due partiti di governo si sono divisi sul caso del sottosegretario Armando Siri, indagato per una presunta corruzione, il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte - da massimo responsabile dell'organo di governo, che ha sempre ben presente la sua cultura giuridica - ha sempre mediato. Stasera però ha tirato le fila: chiederà al prossimo Consiglio dei ministri la revoca dell'incarico ricoperto dall'esponente leghista.
Siri, da parte sua, ha deciso di giocare d'anticipo sulla conferenza stampa convocata dal premier ad horas. Con una nota ha spiegato che se non arriveranno novità dai magistrati dell'inchiesta entro quindici giorni presenterà le sue dimissioni. Un fulmine a ciel sereno per palazzo Chigi che non era stato affatto avvisato. Fonti qualificate parlano di un Conte 'arrabbiato' e anche 'deluso' specie, c'è chi non manca di osservare, alla luce di tutte le attenzioni umane e dei riguardi che il presidente ha sempre mantenuto, fino ad oggi, con lo stesso Siri, ovviamente avvisato delle determinazioni che sono state poi rese note alla stampa.
"Porrò all'ordine del giorno del prossimo Consiglio dei Ministri la mia proposta di revoca della nomina del sottosegretario Siri", ha annunciato Conte. E ha premesso: sin da quando è sorto il caso Siri "mi sono chiesto come può il governo del cambiamento" affrontarle il caso "nel modo più giusto". Governo del cambiamento "per me non è affermazione retorica". Significa che il Governo "si impegna a realizzare buone pratiche tutelando i cittadini e non interessi di parte".
Il premier chiede ai suoi vice di deporre le armi
Il premier ha chiesto, dunque, ai due alleati di governo di deporre le armi: "Invito la Lega a comprendere che questa decisione non è una condanna" verso un suo componente. "Quindi", ha proseguito, "si lasci ispirare da una più complessiva valutazione del superiore interesse" e non da "una reazione corporativa".
A M5s, ha aggiunto, "dico di non approfittare di questa soluzione per cantare vittoria", ciò "calpesterebbe" la dignità della persona. "Lo dico da avvocato", ha quindi spiegato. Eventuali dichiarazioni spontanee dell'interessato "ragionevolmente non potranno segnare una svolta rispetto alla fase preliminare di'indagine. Ecco perché per questa ragione porrò la mia proposta di revoca", che però, ha sottolineato, non significa in alcun modo 'condanna'.
"Quanto deciso "non comporta che mi voglia ergere a giudice del caso. Questo compito spetta ai magistrati. Le mie valutazioni sono più ampiamente politiche e sono ricollegate alle reponsabilità che mi spettano come massima autorità di governo", ha detto, invitando tutti a rispettare i principi di civiltà giuridica, con un netto no ad ogni possibile gogna mediatica e parole di vicinanza alla famiglia dell'esponente leghista.
Salvini: "Almeno lo si lasci parlare coi magistrati"
"Qualunque decisione mi va bene se la spiega e la spiega agli italiani. Se chiedessero a voi di dimettervi perché due tizi all'autogrill parlano di voi, giustamente direste "No, fatemi spiegare a un giudice e poi ne riparliamo", ha commentato Matteo Salvini."in democrazia funziona così di solito. In un Paese di diritto si è innocenti fino a prova contraria. In Lega abbiamo dimostrato negli anni passati che abbiamo fatto bene in fretta e presto senza aspettare nessuno. Almeno lo si lasci parlare coi magistrati".
La questione Siri poteva "essere risolta diversi giorni fa con l'iniziativa del singolo senza coinvolgere l'intero governo", è invece il commento di Luigi Di Maio. L'esecutivo rischia? "Conosco la Lega e Matteo Salvini da 11 mesi. Sono persone di buonsenso e intelligenti, aprire una crisi di governo su un sottosegretario coinvolto in un indagine per corruzione non sarebbe una bella immagine per la Lega e per un governo che si definisce del cambiamento" afferma il ministro del Lavoro.