È disposto a provocare la crisi di governo sulla Tav? "Se qualcuno mi dice che non servono i treni, anch'io vado fino in fondo". Pur premettendo che "farà di tutto perché il governo non cada", Matteo Salvini lancia una sfida aperta a Luigi Di Maio dallo studio di "Diritto e Rovescio", la nuova trasmissione su Rete 4 di Paolo Del Debbio. "Siamo in due a dire di 'no', vediamo chi ha la testa più dura. Sono abituato ad andare fino in fondo. Voglio un'Italia che va avanti", aggiunge il ministro dell'Interno. "Se Salvini minaccia la crisi, se ne assumerà le responsabilità", è la replica stizzita del ministro del Lavoro.
Proprio nel giorno in cui Giuseppe Conte smentisce i rischi di una crisi di governo, pur di fronte all'evidenza di una divergenza che pare insuperabile, il leader della Lega rompe il tabù e allude per la prima volta in maniera esplicita a uno scenario che ha sempre bollato come fantasioso quando a evocarlo sono i giornali o gli altri partiti di centrodestra che non smettono mai di sperare in un suo ritorno all'ovile. Il risultato è lo scontro più duro mai avvenuto nella maggioranza dalla nascita del governo gialloverde.
Conte prende le parti di Di Maio
Poche ore prima, in conferenza stampa, il presidente del Consiglio aveva ammesso lo stallo sulla Torino-Lione e, pur proponendosi nei consueti panni del mediatore, aveva spostato la bilancia a favore di Di Maio, dicendosi personalmente contrario alla realizzazione dell'infrastruttura. Questo deve essere stato troppo per Salvini, che, oltre ai sondaggi, ha ora dalla sua anche un documento Ue, rivelato dal Tg La7, che elenca i benefici dell'infrastruttura e ha una curiosa particolarità: e cofirmato dalla Trt Trasporti e Infrastrutture, cioè la società di consulenza presieduta da Marco Guido Ponti, lo stesso ingegnere alla guida del team che ha prodotto, per conto del ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, la contestata analisi-costi benefici che boccia l'infrastruttura.
Ora che Berlusconi ha ricominciato a sedurlo, Salvini è quindi pronto a far saltare il banco e passare all'incasso, forte delle percentuali da capogiro che vengono attribuite al suo partito? "Non sono per carattere, educazione e rispetto politico uno che è disposto a fare il ministro spostandosi di qua e là a secondo della convenienze e dei sondaggi. A meno che i 'no' diventino troppi, conto di continuare a fare il ministro con questa formazione, coi 'no' non si va da nessuna parte", è la sua risposta.
"Per quello che mi riguarda la Tav si fa. Se ho speso i soldi degli italiani per fare un buco nella montagna, nessuno mi convincerà mai che adesso devo spendere altri soldi per riempire di terra il buco e non finire il lavoro affinché ci passino i treni", sottolinea ancora Salvini, "abbiamo speso dei soldi per scavare chilometri di tunnel sotto una montagna. Nessuno mi farà cambiare idea" sulla Tav. Nessun ministro della Lega firmerà per bloccare i lavori, spero che nelle prossime ore si riparta. Per quello che mi riguarda, si fa".
Le ragioni di un'accelerazione
"Abbiamo solo chiesto la sospensione dei bandi per un'opera vecchia di 20 anni, lo abbiamo chiesto perché previsto dal contratto siglato tra M5s e Lega. E cosa fa Salvini? Oltre a forzare una violazione del contratto minaccia pure di far cadere il governo? Se ne assuma le responsabilità di fronte a milioni di italiani", è la replica di Di Maio, "io questo lo considero un comportamento irresponsabile, proprio mentre siamo in chiusura su due misure fondamentali come il reddito di cittadinanza e quota 100. Dovrà spiegare il suo comportamento anche ai truffati dalle banche".
Eppure la possibilità di "decidere di non decidere", almeno fino alle elezioni europee, c'era. Sarebbe bastato, appunto, rinviare i bandi e menare il can per l'aia altri due mesi, per quanto non semplice, con il fiato di Parigi sul collo. Ma Salvini non è tipo da farsi mettere all'angolo, nel momento in cui è lo stesso premier ad ammettere prima che, nel vertice di ieri, una soluzione non è stata trovata e poi a prendere una posizione. Questa la ragione dell'accelerazione: alla prima occasione in cui si è trovato a dover scegliere davvero, Conte si è schierato con il partito di cui è espressione. Una scelta anche logica e naturale. Però i numeri suggeriti dai sondaggi non rispecchiano più da un pezzo quelli in Parlamento.