Articolo aggiornato e corretto alle ore 12,40 del 28 febbraio 2018.
Potrebbe essere il dato dell’affluenza ai gazebo, prima ancora che i risultati delle schede, ad indicare il vincitore delle primarie del Partito Democratico. Fonti parlamentari che sostengono Nicola Zingaretti spiegano perché: dopo cinque anni di segreterie 'a trazione renziana', è chiaro che sui territori, nei circoli, “la componente che sostiene Martina e Giachetti abbia una capacità di mobilitazione maggiore”.
Tuttavia, aggiungono, Zingaretti è in netto vantaggio: si va da un minimo del 56% a un massimo del 63%, sono le previsioni che vengono fatte in Transatlantico in base ai segnali provenienti dai territori. E più sarà alta la partecipazione alle primarie maggiore sarà per il governatore la possibilità di andare oltre il 50%, soglia che gli consentirebbe di evitare il ballottaggio in assemblea, dove Giachetti e Martina potrebbero unirsi per ribaltare il risultato dei gazebo.
Al momento, l'affluenza prevista, spiegano fonti parlamentari, è inferiore al milione, la soglia che viene indicata da molti nel Pd e che consentirebbe di parlare di "successo", come sottolinea anche Graziano Delrio. Di diverso avviso Roberto Giachetti per il quale "avere 700 mila persone ai gazebo" basterebbe per fare del Pd il partito con la maggiore capacità di mobilitazione della base. Dunque, per Zingaretti è essenziale che ci sia un boom di votanti per scacciare lo spettro del 'biscotto' in assemblea.
Il gentlemen agreement di cui si era parlato all’inizio del congresso e in virtù del quale, anche senza la maggioranza assoluta, sarebbe divenuto segretario il primo nei consensi, sembra ormai archiviato. Roberto Giachetti ha ammesso di non riconoscersi in quella proposta e ribadito che il passaggio in assemblea è, in ogni caso, previsto dallo Statuto. E anche Martina si dice cauto su questo punto.
L'appello di Prodi
Di qui la richiesta che ha avanzato Zingaretti alla Commissione Congresso del partito perché si posa investire in una campagna di informazione e comunicazione sulle primarie. Campagna di cui, per il momento, non si vede traccia. Arriva invece il video messaggio di un padre fondatore del Pd come Romano Prodi. Il Professore si è già espresso in favore del governatore del Lazio e oggi, nell’appello, sottolinea: "Dobbiamo andare in tanti a votare per dare più forza, per dare sicurezza a colui che sarà eletto nuovo segretario del Partito Democratico. Lui dovrà, e certamente potrà essere in grado di scegliere le persone che portino finalmente verso un cambiamento". La febbre primarie sale e con essa anche il grado di litigiosità all'interno del Partito democratico, con i tre candidati alla segreteria che sparano gli ultimi colpi prima del confronto televisivo previsto per domani, alle 13 su Sky.
Intensificati gli appuntamenti in Tv, radio e sui siti dei maggiori quotidiani, oltre che le interviste dei sostenitori di peso, come Carlo Calenda ed Enrico Letta, il confronto ruota sempre attorno alla stessa domanda: quale sarà lo schema con cui il Partito Democratico si presenterà alle prossime elezioni? O, in altre parole: quale sarà il perimetro del centro sinistra che si propone di fermare la marcia, fin qui trionfale, di Matteo Salvini? Domanda alla quale Nicola Zingaretti, Maurizio Martina e Roberto Giachetti offrono risposte diverse.
Per Zingaretti, che lo ha ribadito a Porta a Porta, "parte dell'elettorato del Movimento 5 Stelle può essere un interlocutore dato che in quel campo "c'è parte dell'elettorato deluso dal centro sinistra". Parole che alimentano i sospetti dei suoi diretti avversari nella corsa al Nazareno. Roberto Giachetti, ad esempio, torna ad accusare Zingaretti di tenere nascosto il suo vero piano per il dopo congresso, ovvero una alleanza con il Movimento 5 Stelle.
'Scongelare il M5s'
Per dare corpo all'accusa, Giachetti cita una intervista di qualche settimana da a Massimiliano Smeriglio, vice presidente della Regione Lazio e coordinatore di 'Piazza Grande', i comitati nati a sostegno di Zingaretti. Nell'intervista Smeriglio parlava della necessità di "scongelare" il Movimento 5 Stelle così da rendere possibile una interlocuzione a livello locale e non solo. Una posizione che Zingaretti non condivide, avendo più volte ripetuto di non avere alcuna intenzione di inseguire i Cinque Stelle. E oggi uno degli sponsor politici più importanti del governatore, sollecitato sull'argomento, prova a 'sminare' il campo: "Il M5s non ha retto la prova del governo e per questo sta perdendo voti e si sta frantumando all'interno fra le varie anime. Con esso non possiamo fare alcuna alleanza politica", sottolinea Goffredo Bettini, "anche se ci fosse la crisi di governo".
Quello che si può fare, invece, "è promuovere un campo ampio che tolga spazio alla Lega e accolga tanti elettori delusi da Di Maio o che si sono astenuti". Altro tema di cui i copetitor di Zingaretti potrebbero servirsi domani, durante il confronto televisivo, riguarda il doppio incarico che il governatore del Lazio si troverebbe ad avere una volta divenuto segretario. Giachetti, già all'inizio della campagna elettorale, aveva incalzato Zingaretti sull'argomento: "Che fai, lasci la Regione?". Tema legittimo ma anche scivoloso per il governatore che, lasciando l'incarico istituzionale, si troverebbe a 'tradire' gli elettori del Lazio e, con ogni probabilità, lascerebbe la regione alla destra.
A disinnescare questa seconda 'mina' ci pensa lo stesso Zingaretti che, nello studio di Porta a Porta, spiega: "All'inizio avevo dei dubbi, ma ora penso che sarà un elemento che mi aiuterà molto perché mi sono reso conto di quanto la politica è lontana dall'agenda delle persone comuni, quindi penso che il segretario di un partito politico del centrosinistra che al tempo stesso deve pensare a mandare avanti i pullman, i treni e i cantieri, darà alla nostra comunità un aiuto".
Botta e risposta anche tra Giachetti e Martina che pure rappresentano due anime dell’area vicina all’ex segretario Matteo Renzi, con Maria Elena Boschi schierata con Giachetti; Graziano Delrio e Luca Lotti con con Martina. La proposta di una segreteria unitaria avanzata dal deputato bergamasco in caso di vittoria è seccamente respinta da Giachetti: “Assolutamente no. Siamo in una dimensione di confronto di idee e proposte diametralmente opposte e io non credo agli inciuci”. Poi, però, tornando sul tema, Giachetti sembra voler aggiustare un po’ il tiro: “Di unità si parla dopo il congresso”.