«Un sì per dire no. Un no per dire sì» ironizzano i giornali, compreso Beppe Grillo, scrive il Fatto.
Sul “caso Diciotti” e il voto online dei 5 Stelle oggi è il giorno decisivo per il futuro del governo. Il Movimento vota per concedere o meno l’autorizzazione a procedere contro il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini indagato per il sequestro dei migranti della nave Diciotti. Il quale, in un colloquio con Repubblica afferma di "non temere i tribunali" e si dice sicuro di poter trarre in ogni caso da questa consultazione motivi "di successo" guardando alle imminenti elezioni regionali in Sardegna. Per il leader della Lega, tuttavia, "il governo non rischia, a prescindere da come vada".
Cosa rischia Di Maio
Rischia invece molto di più la leadership di Luigi Di Mario, il vicepremier e ministro del lavoro pentastellato che secondo il Corriere "nessuno può sapere come uscirà da questo voto". Il rischio c’è sempre dichiara il deputato Emilio Carelli, già direttore di Sky TG24, che non ha visto di buon occhio l’affidamento al “Sacro Blog” la soluzione del caso.
Gli occhi sono tutti puntati sulla base pentastellata che "è in fiamme". Sul Blog delle Stelle, infatti "sono in tanti" riporta il quotidiano di via Solferino "a lamentare l’appiattimento sulla Lega e il tradimento dei princìpi, in tanti a respingere la mossa di chiamare in soccorso la Rete: “Un suicidio”. Il sospetto che allarma i vertici è che il tanto auspicato stop dei militanti ai giudici venga letto come la conferma che la base M5S "si sta salvinizzando".
L'ironia di Grillo
Le previsioni dicono che al Nord la maggioranza degli iscritti alla piattaforma è orientata in favore del ministro dell’Interno, "quasi una folgorazione collettiva sulla via del Carroccio". Mentre "Beppe Grillo gronda sarcasmo contro il quesito proposto ai militanti ("Siamo tra il comma 22 e la sindrome di Procuste!") e, nell’entourage di Di Maio, serpeggia il timore che il fondatore abbia dato al capo politico un preavviso di sfratto. "Ma no, Di Maio non è a rischio" rassicura il sottosegretario Mattia Fantinati "È un grande leader e ha fatto bene a cercare la connessione sentimentale con la base" riporta ancora il Corriere della Sera.
Un quotidiano che non ha mai negato la propria simpatia se non concreta vicinanza ai 5 Stelle come il Fatto quotidiano opta decisamente per una campagna a favore della incriminazione di Salvini schierando i tre sindaci di Torino, Livorno e Roma (Appendino, Nogarin e Raggi) che senza mezzi termini scrivono in tre distinte note a propria firma: «Su chi governa decidano i giudici», il titolo di apertura. E il direttore Marco Travaglio scrive: "Oggi il M5S tenta il suicidio. E i suoi 100 mila e più iscritti hanno l’onore e l’onere di salvarlo da morte certa, votando No all’impunità per il ministro Salvini sul caso Diciotti". Elencandone almeno "sei buoni motivi" come già scritto alcuni giorni fa, e di cui l’ultimo è quello decisivo: "Se gli iscritti salvano Salvini, i senatori M5S voteranno allo stesso modo di Forza Italia per bloccare un processo a un ministro. Regaleranno al Pd l'esclusiva della legalità. E se lo sentiranno rinfacciare finchè càmpano. Se invece votano No ricompattano il M5S, altrimenti spaccato per sempre. Tutti i dubbi sono comprensibili, anche perché chi oggi voterà non ha potuto leggere le carte processuali, diversamente dai senatori che le hanno lette e non le hanno (o fingono di non averle) capite. Ma, in caso di dubbio, c'è un solo sistema per non sbagliare e non doversi poi pentire: ascoltare la propria coscienza e agire con coerenza".
Qualcosa non torna
In una nota, sempre il Corriere osserva che "tra errori e omissioni si spinge il Sì (che è un No). Scrive Giovanni Bianconi: "Nel conteggio dei presunti sequestrati, ce ne sono quaranta in meno. Il testo del quesito sul quale gli attivisti del Movimento Cinque stelle sono chiamati a votare per concedere o meno l’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini, si parla infatti di “137 migranti” che si trovavano a bordo della nave Diciotti, mentre il capo d’imputazione formulato dal tribunale dei ministri di Catania accusa il responsabile del Viminale di aver “privato della libertà personale 177 migranti di varie nazionalità” tra il 20 e il 25 agosto 2018. Tra questi c’erano 29 minorenni fatti scendere dopo due giorni, il 22 agosto, ma anche volendoli sottrarre (cosa che i giudici non hanno fatto, giacché una delle aggravanti contestate al ministro è proprio la violazione delle norme sulla protezione dei “minori non accompagnati”) i conti non tornano. Al di là delle sottrazioni, il quesito sembra formulato per spingere i votanti a scegliere il Sì (e dunque il no all’autorizzazione a procedere, con un’inversione rispetto alla domanda che tutti logicamente si pongono); non solo per come è stato ideato, ma anche per le argomentazioni riassuntive che precedono la domanda».
L’azzurra Deborah Bergamini sintetizza così la giornata che si concluderà stasera: "Su Rousseau si deciderà se far cadere il governo o far cadere Di Maio".