Articolo aggiornato alle ore 16,20 del 17 febbraio 2019.*
“Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?” Eccolo il quesito referendario a cui gli iscritti al Movimento 5 Stelle e alla piattaforma Rousseau sono chiamati a rispondere lunedì 18 febbraio (dalle 10 alle 19). Un quesito referendario voluto dai vertici del Movimento che entro il 24 marzo (ma prima ancora martedì 19, nella Giunta per le elezioni e immunità del Senato) dovranno decidere in aula al Senato se dire sì o no al Tribunale dei ministri di Catania che ha chiesto di poter processare Matteo Salvini accusato del sequestro aggravato dei 177 migranti della nave Diciotti.
Una decisione delicata e molto importante per le sorti del governo gialloverde. Evitare o no il processo al ministro leghista e grande alleato? Meglio interpellare prima la base e capire quali sono gli umori tra i militanti, hanno pensato Di Maio e gli stessi capi dei gruppi parlamentari, anche per verificare come sarebbe presa la loro decisione, al momento orientata al no: Salvini non deve sottoporsi al processo.
Sul tema è intervenuto Manlio Di Stefano, a rassicurare i leghisti. "Credo che in questo caso l'autorizzazione non vada concessa, perché parliamo di una decisione collegiale del governo", ha affermato il sottosegretario agli Esteri. Di Stefano ha subito dopo però criticato il comportamento tenuto da Salvini: "Credo anche che non saremmo dovuti arrivare a questo punto, Salvini avrebbe dovuto rinunciare all'immunità e farsi processare sapendo che non c'è stato dolo".
L'esponente pentastellato ha anche chiarito come si comporterà la dirigenza nel caso in cui la base esprima un voto a favore dell'autorizzazione a procedere contro il vice premier leghista. "Se il popolo M5s voterà sì noi voteremo sì in giunta", ha assicurato. "Non credo sia a rischio il governo e sarebbe stupido" mettere a rischio la vita dell'esecutivo per la vicenda della nave Diciotti, "e spero la Lega non lo faccia per questo tipo di situazioni".
Il meccanismo di voto
Lunedì, dunque, parola agli iscritti. Circa 100 mila, che saranno chiamati a rispondere a questo quesito:
“Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?”
Se si risponderà sì, si negherà dunque l’autorizzazione a procedere. Se si voterà no, quello sarà un voto a favore dell’autorizzazione a procedere nei confronti del ministro. Se vogliamo, posto così, un quesito che offre ai militanti due risposte ‘opposte’ a quelle che hanno caratterizzato negli ultimi giorni il dibattito politico. Dentro al Movimento e fuori, tra gli alleati di governo e nel confronto maggioranza-opposizione, si è sempre valutata l’ipotesi di dire sì al processo per Salvini, oppure no. Mentre domani chi voterà sì al referendum sulla piattaforma Rousseau si schiererà contro il processo, mentre chi voterà no dirà in sostanza a Di Maio: “Date Salvini in pasto ai magistrati”. Non c’è il rischio di confusione?
Si spiega in un post sul Blog delle stelle:
“Questo quindi non è il solito voto sull’immunità dei parlamentari. Di quei casi si occupa l’articolo 68 della Costituzione, e su quelli il MoVimento 5 Stelle è sempre stato ed è inamovibile: niente immunità, niente insindacabilità. Nessuna protezione per i politici che devono rispondere delle loro azioni individuali. Noi mandammo a processo i nostri portavoce Paola Taverna e Mario Giarrusso e entrambi votarono per farsi processare.Questo è un caso diverso: stiamo parlando infatti dell’articolo 96 della Costituzione. Nello specifico questo è un caso senza precedenti perché mai in passato si era verificato che la magistratura chiedesse al Parlamento di autorizzare un processo per un ministro che aveva agito nell’esercizio delle sue funzioni e non per azioni fatte per tornaconto privato e personale (tangenti, truffa, appalti, etc): in questo caso non ci porremmo neppure il problema e lo spediremmo in tribunale”.
Tutto chiaro? Il modo con cui è stato annunciato il voto online sul caso Diciotti, ha creato qualche malumore interno, riporta il Fatto Quotidiano. “Dobbiamo votare NO per sostenere il SI?”, scrive la senatrice dissidente Paola Nugnes, accompagnando la scritta con una emoticon che imita l’urlo di Munch. La parlamentare già nei giorni scorsi aveva criticato la decisione dei vertici pentastellati di affidare al voto sulla piattaforma Rousseau il compito di decidere sulla richiesta del Tribunale dei ministri di processare il ministro dell’Interno. “Non sono temi sui quali si possa ricorrere al voto online aveva detto”, leggiamo sul Fatto. Critica il voto online anche la senatrice dissidente Elena Fattori. “Voterò sì. Nel nostro programma è prevista l’abolizione di ogni tipo d’immunità per ministri e parlamentari. Non sono dissidente sono coerente. Il nostro programma parla chiaro, non sono stata eletta in base al contratto di governo. Io ho un vincolo rispetto al programma del Movimento e basta”, dice in una intervista al Quotidiano Nazionale.
Nugnes e Fattori hanno scritto una lettera a Grillo e Di Maio per sostenere l'inadeguatezza della piattaforma Rousseau.
Ironico Beppe Grillo*
Anche Beppe Grillo si è detto perplesso: "Se voti Sì vuol dire No Se voti No vuol dire Sì. Siamo tra il comma 22 e la sindrome di Procuste!". Grillo cita dal romanzo "Comma 22" dell'americano Joseph Heller il noto paradosso della regola per cui "chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo". E fa riferimento al mito greco di Procuste, brigante che stirava le sue vittime su un letto a mo' d'incudine e tagliava le parti del corpo sporgenti.