Non sono proprio comprensibili a tutti le citazioni utilizzate da Beppe Grillo per criticare il quesito sulla piattaforma Rousseau con la quale gli aderenti al M5s dovranno esprimersi sul caso Diciotti. Se i riferimenti adottati possono non sfuggire a una persona di media cultura, è invece molto più complicato comprendere il messaggio del comico genovese, che ha cercato volutamente di non essere diretto per evitare una critica troppo esplicita all'operato odierno del movimento di cui è cofondatore, che sarebbe equivalsa a una sconfessione.
"Se voti Sì vuol dire No. Se voti No vuol dire Sì. Siamo tra il comma 22 e la sindrome di Procuste!", scrive Grillo sui social network. Il riferimento è alla formulazione del quesito. Ovvero: “Il ritardo dello sbarco della nave Diciotti, per redistribuire i migranti nei vari paesi europei, è avvenuto per la tutela di un interesse dello Stato?"
L'illusione della scelta
È chiaro che chi risponderà "sì" chiederà ai senatori pentastellati della Giunta per le immunità di votare "no" alla richiesta di autorizzazione a procedere nei confronti di Matteo Salvini avanzata dal Tribunale dei ministri di Catania, che accusa il ministro dell'Interno di sequestro di persona ai danni dei migranti rimasti bloccati per alcuni giorni su un'imbarcazione della Guardia Costiera. Chi risponderà "no", viceversa, dirà "sì" al processo nei confronti di Salvini. Che c'entra il Comma 22?
Il riferimento è al titolo del romanzo di Joseph Heller che narra le vicende di un gruppo di aviatori statunitensi appartenenti a uno stormo di bombardieri operante in Italia durante la seconda guerra mondiale. Il Comma 22 stabilisce che "chi è pazzo può chiedere di essere esentato dalle missioni di volo, ma chi chiede di essere esentato dalle missioni di volo non è pazzo". Ovvero, c'è l'illusione di una scelta che nasconde in realtà un'unica opzione obbligata.
Grillo non tira quindi fuori il Comma 22 per irridere la formulazione del quesito (dove appunto il sì vuol dire no e il no vuol dire sì), giacché - sulla carta - due opzioni ci sono. È invece probabile che il cofondatore intenda alludere alla certezza che, alla fine, prevarrà il no al processo a Salvini. Le memorie depositate dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e dal ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, sposano infatti la tesi del ministro dell'Interno: la decisione di negare uno sbarco immediato ai migranti raccolti dalla Diciotti fu una scelta collegiale di tutto il governo.
Voler processare Salvini significa quindi voler mandare a processo tutto il governo (a maggior ragione se sono vere le voci secondo cui i giudici di Catania intendono indagare anche Conte e Toninelli). Anche qualora gli iscritti a Rousseau votassero così, ciò potrebbe significare la fine dell'esecutivo, a meno che i parlamentari del M5s, dopo aver seguito in Giunta le istruzioni della base, non si vogliano prendere la responsabilità di votare altrimenti in Aula, una soluzione che metterebbe in discussione tutta la teoria pentastellata della democrazia diretta.
Una critica troppo dura per essere esplicita
E la sindrome di Procuste? Essa prende il nome da un brigante del mito greco, il quale offriva la sua locanda ai viaggiatori solitari. Se costoro erano bassi, li accomodava in un letto lungo e ne stirava le membra finché non lo occupassero per intero. Se i malcapitati erano alti, finivano invece su un letto corto e le parti del corpo che sporgevano venivano segate via. Fu l'eroe Teseo a metter fine alle sue malefatte. In psicologia tale locuzione, spiega Repubblica, "indica la condizione per cui una persona tende a disprezzare e se possibile svantaggiare chi considera avere maggior talento e più possibilità di successo. Un disturbo psicologico quindi, che nasce dal non saper accettare la propria condizione rispetto ad individui più preparati o dotati. Ovvero dal non sopportare la propria mediocrità".
Volendo ritenere il M5s preda di questa sindrome, sembrerebbe più che altro di sentire le critiche di un Berlusconi, secondo il quale i pentastellati sono rosi dall'odio e dall'invidia sociale a causa del loro complesso di inferiorità. È nondimeno probabile che anche Grillo avverta nel M5s un crescente complesso di inferiorità: quello nei confronti della Lega, soprattutto dopo il voto in Abruzzo. Il comico intende quindi scuotere la sua creatura da un ripiegamento su se stessa che le impedisce di crescere, uno schiacciamento sulle posizioni del Carroccio che nasconde la coscienza di avere un capitale politico e un'esperienza amministrativa inferiori a quelli di un alleato sempre più ingombrante.
Cadere vittima della sindrome di Procuste potrebbe quindi significare, per un iscritto a Rousseau, votare per mandare a processo Salvini sulla spinta emotiva dell'insofferenza per il crescente successo della Lega, che era partita come partner di minoranza e ora nei sondaggi allarga sempre più la distanza dagli alleati. Ma, facendo fuori Salvini, si fa fuori tutto il governo. Quindi una vera scelta non c'è. Comma 22.
Verrebbe infine quasi da pensare che il cofondatore appoggi il progetto di Di Maio di rendere il M5s un partito vero, che possa competere ad armi pari in contesti, come le elezioni amministrative, dove non conta tanto la rabbia degli elettori quanto l'attesa di un'amministrazione efficiente che i pentastellati, come insegna il caso di Roma, non riescono sempre a soddisfare.