Centomila firme. Tante ne ha raccolte il manifesto "Siamo Europei!" lanciato da Carlo Calenda che esulta sui social network con un ironico riferimento alla misura Quota Cento varata dal governo: "Siamo a quota cento (mila firme). Quella che fa bene al paese". Insieme alle firme, però, arrivano i primi paletti.
Nel Pd sono in molti a guardare con sospetto all'operazione di Calenda. Il timore serpeggia soprattutto tra alcuni parlamentari della ex maggioranza renziana: non è che si tratta di un Cavallo di Troia per fare passare il dialogo con il Movimento 5 Stelle e l'addio al simbolo? Timori che Stefano Ceccanti, deputato e costituzionalista, fa suoi e avverte: sì a una lista unitaria alle Europee, purché si tratti di una lista fatta dal Pd allargato a forze minori.
Tradotto: fuori M5s e fuori Forza Italia. E quanto agli ex Pd, quelli che Roberto Giachetti chiama "scappati di casa"? Calenda apre loro le porte: "Personalità di Leu o Possibile, che condividono i contenuti del Manifesto e non cercano alleanze con i M5s sono benvenute". Tutti tranne Pier Luigi Bersani che "ha già detto che il progetto non gli interessa" e Massimo D'Alema, "ha scelto un percorso diverso dicendo che la prospettiva deve essere l'alleanza con il M5s".
Timori legati al congresso del Pd in corso
Timori e sospetti in larga parte legati al congresso in corso, con i voti nei circoli. Le ex truppe renziane, divise tra Maurizio Martina e Roberto Giachetti, guardano al senatore di Scandicci che, però, rimane in silenzio, dedicando i suoi interventi sui social alla battaglia contro governo e maggioranza. Renzi non ha aderito al manifesto.
Stando a quanto spiegato da Calenda, ne avrebbe apprezzato lo spirito pur non volendo sottoscriverlo per non prestare il fianco a chi lo accusa di lavorare contro il Partito Democratico. Dall'altra parte della barricata, quella dei non renziani, si va affermando l'idea che l'ex presidente del Consiglio stia già lavorando a un suo soggetto politico, da mettere in campo al momento opportuno.
A certificarlo, osservano fonti parlamentari, ci sarebbe la doppia candidatura Martina-Giachetti che, è il sospetto, sarebbe stata studiata a tavolino per disperdere il più possibile il voto delle primarie in modo che, chiunque vinca, non sia legittimato da una mole considerevole di voti.
L'ipotesi di formare un nuovo partito
La 'pars destruens' di un piano che prevederebbe subito dopo la formazione del nuovo partito. Timori e sospetti che restituiscono il clima congressuale che, se i dati parziali fossero confermati, vedrebbe Nicola Zingaretti ancora in vantaggio: su 110.925 voti ai congressi dei circoli, stando a quelli comunicati a livello di federazioni regionali, il governatore del Lazio avrebbe ottenuto 55.648 preferenze pari al 50,2% del totale, contro i 35.304 di Maurizio Martina, secondo con il 31,8% e i 15.263 di Roberto Giachetti, pari al 13,8%.
Staccati dal gruppo di testa Francesco Boccia con 3.121 voti pari al 2,8% del totale e, soprattutto, Dario Corallo (852 voti, 0,8% del totale) e Maria Saladino (737 voti, pari allo 0,7%). La situazione non cambia di molto considerando i voti comunicati a livello di circolo: Nicola Zingaretti avrebbe ottenuto 39.828 voti su 79.554, pari al 50,1%. Martina sarebbe ancora secondo con 25.138 voti (31,7%), Giachetti terzo con 11.260 voti (14,2%), Boccia 2.042 (2,6%), Corallo 648 (0,8%), Saladino 538 (0,7%).