“Io invito, al di là del partito, qualunque amministratore locale a seguire la sua coscienza e se ritiene sbagliata questa legge non applicarla”. A pronunciare queste parole, che risalgono al maggio del 2016, fu proprio Matteo Salvini durante un comizio a Bari dopo una visita al Cara di Palese. La legge in questione era quella relativa alle unioni civili approvata dal governo di centrosinistra. La famosa norma Cirinnà.
In quell’occasione il vicepremier, citando Don Milani e la sua obiezione di coscienza contro il servizio militare, ribadì un concetto molto semplice: “Se una legge è sbagliata si può disapplicare. Invito tutti i sindaci di qualunque parte politica a non applicare la legge”.
Un concetto, come scrisse Rai News, espresso anche durante un intervento radiofonico: "Scimmiottare matrimoni o addirittura figli o adozioni non fa parte del futuro del progresso. Senza dimenticare che queste unioni sono l'anticamera delle adozioni gay. Motivo per cui chiederò come Lega a tutti i sindaci e amministratori locali di disobbedire a quella che è una legge sbagliata”. Un atteggiamento molto diverso rispetto a quello adottato, in questi giorni, nei confronti del Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando e di altri amministratori locali che hanno deciso di sospendere l’applicazione del decreto sicurezza e le norme sui richiedenti asilo.
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