Viene indicato il 1893 come l’anno in cui il primo stato, la Nuova Zelanda, si aprì al suffragio universale. Tutti hanno diritto al voto. Uomini e donne, appartenenti a qualsiasi ceto sociale, qualsiasi sia la loro condizione economica. Un concetto rivoluzionario per i tempi, al quale la storia si accodò fino a giungere ai giorni nostri, in cui il diritto al voto, al voto per tutti, è fortemente e costantemente messo in discussione. Non perché ci siano categorie da escludere a prescindere, ma soprattutto perché in molti (specie post-elezione di Trump, vinte, secondo gli esperti, grazie al voto di una middle-class americana meno istruita e meno informata) si chiedono se sia giusto o meno che tutti i voti abbiano lo stesso valore.
In Italia il problema ce lo poniamo dalla metà degli anni ’90, dalla discesa in campo di Silvio Berlusconi, quando vinse le elezioni e la minoranza perdente accusò i più di non aver ben capito a chi avessero affidato le sorti del nostro paese, di cosa si celava dietro il successo dell’imprenditore brianzolo. Ovviamente in pochi, e sempre presi scarsamente in considerazione, hanno mai avuto l’ardire di mettere in discussione il voto democratico. Oggi però a prendere parola riguardo l’argomento non è una persona qualsiasi ma una delle più preparate ed apprezzate economiste del mondo, Dambisa Moyo.
Moyo "Al voto solo elettori informati"
La Moyo, nel romanzo Edge of caos, mette per la prima volta nero su bianco i dubbi riguardo certi aspetti della democrazia, in particolare il problema del voto che lei definisce “ignorante”. La proposta avanzata nel libro è quella di considerare l’efficacia dell’applicazione del “voto ponderato”. “L’idea – dice in un’intervista a Vanity Fair - è che gli elettori vengano chiamati a mostrare il loro impegno per la politica e le elezioni. Se dimostrano di essere informati, allora il loro voto vale appieno. Se invece dimostrano di non esserlo, varrà leggermente meno”.
La bomba è stata ufficialmente lanciata e non può che far scaturire molte altre domande, per esempio se questo non incrina il concetto di uguaglianza all’interno di una comunità: chi è poco informato vale meno di chi lo è? Quesito significativo dato che spesso l’ignoranza è dovuta a fattori sociali non imputabili ad un individuo. “Certo che siamo tutti uguali. – risponde la Moyo - E l’idea di voto ponderato, infatti, non ha nulla a che fare con il genere, la cultura, con l’istruzione o con il ceto sociale, o addirittura con le posizioni politiche. Ha a che fare con quanto si ha a cuore quello che si sta facendo. Se ti interessa la politica, se ci spendi tempo e passione, è giusto che la tua voce pesi di più nel dibattito”.
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— Dambisa Moyo (@dambisamoyo) 20 ottobre 2018
L’idea cela un ragionamento che, tutto sommato, fila, ma come si misura la preparazione di un cittadino su temi politici? Anche su questo l’economista ha una risposta pronta: “Per esempio con un test periodico, simile a quello che già oggi si richiede a chi fa domanda di cittadinanza in Europa o negli Usa; oppure penalizzando chi non vota da più tornate. Ma il punto non è il modo in cui si decide come pesare i voti: il punto è il risultato che si otterrebbe in pochi mesi. Nessuno ha voglia di sentirsi che il suo voto vale meno e si avrebbe un maggiore impegno da parte di molte più persone. E sarebbe un bene per tutti”.
Le altre teorie per raddrizzare le sorti del sistema democratico
Ma le teorie esposte nel libro per raddrizzare le sorti del sistema democratico sono varie; come quella di allungare gli incarichi politici per evitare che si viva in una perenne campagna elettorale o, e questa ci sorprende un pò dato che in Italia la lotta versa sul fronte opposto, di aumentare gli stipendi ai politici ma legarli strettamente ai loro risultati. Il tutto può sembrare folle ma sono idee espresse dopo lunghe e attente riflessioni di natura politica si, ma anche filosofica e sociale.
D’altra parte, è innegabile che mettere una X su una o su un’altra parte della scheda è di fatto un’assunzione di responsabilità; non è così assurdo pretendere che chi si prende una responsabilità sappia cosa sta facendo. La patente per guidare una macchina attesta esattamente questo, no? Significa che io prima di mettermi alla guida di una macchina con la quale potrei potenzialmente recare danno a me o ad altri, sono stato istruito sulle regole della strada. Anche il voto inconsapevole (ignorante è un termine forse un po' troppo forte) può creare enormi danni, è così folle pensare che anche per questo serva essere preparati? Che anche per questo serva una patente?