Per colpa delle delicate alchimie, politiche e non solo, che reggono gli equilibri dell’Alto Adige non potrà essere lui a ricoprire la carica che gli spetterebbe, quella di vicepresidente della Provincia Autonoma di Bolzano in alleanza con la Svp. Tocca, per statuto, a un italiano.
Vittoria sul campo su tutti gli avversari
Niente da fare, quindi, ma si tratta di una vittoria negata solo a tavolino: sul campo di gioco è lui l’unico che ha vinto. Di sicuro più del partito tradizionale dei sudtirolesi, la Suedtiroler Volkspartei, che non ha fatto male come i confratelli bavaresi un paio di settimane fa (-10%) ma comunque ha lasciato sul terreno quattro punti percentuali. Più dei grillini, fermi su un umiliante 2,4 percento. Più dei sovranisti-secessionisti denominati Freihetilichen: questi sì che hanno perso come la Csu in Baviera, erano al 17 e sono al 6 percento. Più dello stesso Matteo Salvini, rimasto distanziato di quattro punti.
Anche in Alto Adige esistono i liberi elettori
A voler trovare per forza un parallelo sempre bavarese vengono in mente i Freie Waehler. Sono i Liberi Elettori che a Monaco e dintorni davano tutti per fagocitati dalla destra estrema degli Alternativi per la Germania. E invece non solo hanno resistito, ma sono arrivati prima dei tanto temuti avversari diretti. La cosa si presta ad una serie di considerazioni.
Koellensperger, come i Liberi Elettori, ha tutto l’aspetto di chi si trovi per puro caso in mezzo alla politica. Non è un allevatore di maiali (il leader dei Liberi Elettori lo è) ma è un informatico di 48 anni e di fisico giovanile rigorosamente protetto da camicie casual. Più che in un’aula consiliare ti aspetteresti di trovarlo in cima all’Ortles. Niente di più lontano dallo stereotipo del politico di professione. Eppure di politica si occupa e non da ieri: è stato consigliere provinciale del Movimento 5 Stelle, fino allo scorso luglio.
Doppio passaporto, doppio taglio
A metà estate ha maturato la rottura, rivendicando a gran voce la sua diversità nell’essere all’opposizione. Lui la sognava ben più determinata di quanto non sia stata concretamente condotta dal Movimento, ma i sogni in politica si spengono spesso il mattino successivo alla tornata elettorale.
Così tre mesi fa ha fondato il suo movimento fai da te, chiamandolo senza troppa fantasia Team Koellensprenger, e ha iniziato a riempirlo di esponenti di quella che in gergo aulico si chiama la Società Civile. Tutti “dal centro della vita”. Quindi gli ha dato una caratura locale, ma non sovranista: aveva annusato fin da subito che le boutade d’Oltrebrennero sul doppio passaporto (italiano e austriaco) ai sudtirolesi sarebbero state un’arma a doppio taglio. Ottima cioè per i politici austriaci, spuntata per non dire controproducente nel dibattito da questa parte del confine. Aveva ragione.
Un moderato pragmatico
Si è presentato insomma come il concreto esponente di un gruppo di persone che non si lascia convincere dal sovranismo spicciolo antimigranti (anche qui: proprio come i Liberi Elettori bavaresi) anche se ci tiene alla propria identità. E al tempo stesso non ama le fughe in avanti, le facili rivendicazioni che non sai mai dove ti portano, i pugni sbattuti sul tavolo.
L’uomo delle postrisposte
Chi ha votato per lui? Vedendo le percentuali elettorali verrebbe da dire una parte degli elettori della Svp e una parte dei secessionisti, ma si tratta di una spiegazione non del tutto convincente. Troppo di rottura per piacere ai primi, troppo moderato per i secondi.
L’impressione è che i suoi consensi siano ben più trasversali, e che vadano anche al di là delle divisioni linguistiche.
Altrimenti sarebbe troppo difficile spiegare il cattivo risultato del M5S, ma anche quello del Pd. Insomma, il tecnico informatico potrebbe avere trovato già le postrisposte alla politica della postverità, quella inaugurata da Trump in America e importata in Europa dai sovranisti – magari leghisti – grazie ai buoni uffici di Steve Bannon.