"Temete l'ira dei giusti". Matteo Salvini è lapidario e non lascia spazio a ripensamenti: "Io non mollo", garantisce sui social, a cui affida le sue prime parole dopo la conferma del sequestro dei beni della Lega. "Lavoro per la sicurezza degli Italiani e mi indagano per sequestro di persona (30 anni di carcere), lavoro per cambiare l'Italia e l'Europa e mi bloccano tutti i conti correnti, per presunti errori di dieci anni fa. Non mollo, lavoro ancora più duro. Sorridente e incazzato", aggiunge il titolare del Viminale, dopo che i giudici del Riesame di Genova hanno accolto il ricorso della Procura del capoluogo ligure, dando il via libera al sequestro dei fondi della Lega al fine di recuperare i 49 milioni di euro di rimborsi elettorali.
Il provvedimento di sequestro era stato richiesto dalla Procura in relazione alla truffa ai danni dello Stato, stimata appunto in 49 milioni, per rimborsi elettorali non dovuti dal 2008 al 2010 e per cui sono stati condannati in primo grado Umberto Bossi, l'ex tesoriere Francesco Belsito e tre ex revisori dei conti. Al momento i fondi sequestrati ammontano a circa 3 milioni e ora nelle casse del partito ci sono poco più di 5 milioni. Alcuni giorni fa a lanciare l'allarme era stato il sottosegretario Giancarlo Giorgetti che, paventando la conferma del sequestro, aveva avvertito: "Se il prossimo 5 settembre il Tribunale del riesame deciderà di requisire tutti i futuri proventi che affluiscono nelle casse della Lega, e che sostanzialmente sono i versamenti dei parlamentari e dei consiglieri, allora il partito non potrà più esistere perché non avrà più soldi".
Giorgetti aveva spiegato che "i soldi che avevamo sono stati presi dalla magistratura, quindi noi non abbiamo più niente, in questo momento". Detto questo, il governo non rischia. E lo dimostra il fatto che la Lega non abbia minacciato la crisi: "Abbiamo cinque anni per salvare il Paese dal disastro, se avessimo voluto staccare la spina il giorno dell'avviso di garanzia a Salvini, avremmo avuto un buon motivo, ma non lo abbiamo fatto".
Salvini dunque tira dritto, "se ci vogliono togliere tutto lo facciano, abbiamo gli italiani con noi" scandisce, forte anche del sostegno di tutto il centrodestra e delle rassicurazioni che arrivano sia dal premier in persona che dal vicepremier M5s: "Nessuna ricaduta sul governo", affermano sia Giuseppe Conte che Luigi Di Maio. Anzi, il presidente del Consiglio riconosce che in queste condizioni "per un partito politico diventa difficile svolgere la sua attività".
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Ad attaccare è invece il Pd che lancia l'hashtag 'Lega Ladrona' e con Matteo Renzi chiama in causa i pentastellati: "La Lega Ladrona ha fatto sparire 49 milioni. Salvini dice: mi spiace, non li ho più, ma tanto gli italiani sono con noi. Ma come? Qui si parla di sentenze, non di sondaggi. Un ministro non rispetta una sentenza? E i Cinquestelle? Tutti zitti per tenersi la poltrona?", chiede l'ex segretario dem. E Maria Elena Boschi ricorda: "Mi hanno massacrata due anni per un incontro con un dirigente di banca. Per un incontro! Se invece rubassi 49 milioni e mi rifiutassi di restituirli, cosa mi farebbero? ".
Incalza il capogruppo al Senato, Andrea Marcucci: "Parla bene e razzola molto male. Ora non ha più giustificazioni. La Lega restituisca allo Stato 49 milioni". Al fianco del partito guidato da Matteo Salvini si schierano sia Forza Italia che Fratelli d'Italia: "Stiamo assistendo ad un accanimento giudiziario che purtroppo anche noi conosciamo bene, per averlo subito per più di venti anni, e che ha distorto la politica italiana", afferma Licia Ronzulli, vicepresidente dei senatori azzurri. "Non sarà una sentenza ingiusta a fermare l'azione politica di un partito", scandisce Giorgia Meloni. Il premier Conte assicura: "Nessuna ripercussione sul governo". Detto questo, pur non entrando nel merito della sentenza, "mi limito a prendere atto che sicuramente per un partito politico, la Lega in questo caso, ma sarebbe stato in caso di ogni partito, diventa difficile svolgere l'attività politica nel momento in cui non c'è la possibilità di avere risorse finanziarie". Per Luigi Di Maio la vicenda "riguarda il periodo antecedente alla gestione Salvini", quindi "si va avanti".
Un caso nato nel 2012
L’inchiesta, deflagrata nel 2012, riguarda il periodo tra il 2008 e il 2010, anni durante i quali sarebbero stati presentati rendiconti irregolari al Parlamento per ottenere indebitamente fondi pubblici. In particolare, si legge nella sentenza della Cassazione dello scorso 4 luglio, il tesoro della Lega è stato accumulato grazie a una truffa sui fondi parlamentari e, per questo motivo, va sequestrato. Per i giudici, il sequestro deve andare avanti fino a raggiungere i quasi 49 milioni. E questo deve avvenire dovunque siano o vengano trovati i soldi riferibili al Carroccio: su conti bancari, libretti, depositi. Si tratta di denaro utilizzato in gran parte per le spese personali della famiglia Bossi.
L’inchiesta sulle spese dei Bossi era stata ribattezzata “The Family” come il nome appuntato sulla copertina di una cartella conservata nell’ufficio che il tesoriere Francesco Belsito aveva alla Camera. Da quell’indagine era nato il processo che si è concluso con la condanna di Bossi a due anni e tre mesi e di Belsito a due anni e sei mesi. Insieme a Belsito i giudici milanesi hanno condannato il senatur a due anni e tre mesi e il figlio Renzo Bossi a un anno e sei mesi. Erano tutti imputati di appropriazione indebita per aver usato, secondo l’accusa, fondi del Carroccio per fini personali. Il magistrato aveva argomentato che per Bossi “sostenere i costi della sua famiglia” con il patrimonio della Lega era “un modo di agire consolidato e già concordato dal Segretario federale” con il tesoriere da lui scelto “come persona di fiducia”, e cioè prima con Maurizio Balocchi e poi con Belsito.
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Partito unico del centrodestra?
L'ordinanza del Riesame di Genova spingerà Salvini ad una intesa con Berlusconi per fondare un nuovo partito unico del centrodestra? Oppure nascerà semplicemente una nuova Lega con lo stesso nome? Oggi il commento è di Silvio Berlusconi: "Continuo a leggere su molti giornali notizie sulla nascita di un ipotetico 'Partito unico del centro-destra'. Non ho ritenuto neppure necessario smentirle, fino ad oggi, perché la realtà dei fatti mi pareva sufficiente a renderne evidente l'assoluta mancanza di fondamento".
"Da mesi stiamo lavorando in tutt'altra direzione, per un rilancio, una riorganizzazione, un rinnovamento profondo di Forza Italia. Naturalmente la nostra prospettiva politica rimane il centro-destra, che anzi vogliamo far ripartire, ma abbiamo ben chiaro il nostro ruolo politico - ben diverso da quello di altre forze della coalizione - e soprattutto i nostri valori di riferimento, la nostra identità, la nostra storia orgogliosamente liberale, la nostra concezione dell'impresa come nucleo vitale della società, i nostri programmi che hanno dettato quello della coalizione con cui ci siamo presentati agli elettori pochi mesi fa", aggiunge l'ex premier. "Il tema del 'partito unico' semplicemente non esiste, non ne abbiamo mai neppure discusso, né al nostro interno, né con altre forze politiche: Forza Italia va avanti, perché il futuro del centro-destra è un futuro liberale". (segue...)