L’articolo 96 della Costituzione italiana parla chiaro: “Il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i Ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale".
Una procedura farraginosa che ora potrebbe riguardare il ministro dell’Interno Matteo Salvini per la vicenda della nave Diciotti.
Istituito nel 1989, il collegio giudicante del tribunale dei ministri è composto da tre membri effettivi e tre supplenti, estratti a sorte tra tutti i magistrati dei tribunali del distretto che abbiano da almeno cinque anni la qualifica.
Le denunce per i reati ministeriali sono trasmesse al procuratore della Repubblica presso il tribunale del capoluogo del distretto di corte d'appello competente per il territorio; per esempio se la competenza territoriale spetta alla procura di Agrigento, il Tribunale dei ministri si formerebbe presso il tribunale ordinario di Palermo, che è capoluogo del distretto di corte d’appello competente. Agrigento, senza compiere nessun tipo di indagine, deve entro quindici giorni trasmettere gli atti al tribunale dei ministri e darne immediata comunicazione ai soggetti interessati.
Dopo aver ricevuto gli atti, il tribunale dei ministri ha novanta giorni per decidere di archiviare il caso oppure chiedere al procuratore della Repubblica di chiedere alla camera di appartenenza l’autorizzazione a procedere, nel caso di Salvini il Senato.
La camera competente può negare l'autorizzazione qualora reputi, insindacabilmente, che l'inquisito abbia agito per la tutela di un interesse dello Stato. Nel frattempo i ministri inquisiti non possono essere sottoposti a misure limitative della libertà personale, a intercettazioni telefoniche, a perquisizioni personali o domiciliari senza l'autorizzazione della camera competente. Una volta ottenuta l'autorizzazione a procedere, il giudizio di primo grado spetta al tribunale ordinario del capoluogo del distretto di corte d'appello competente per il territorio. Ma non al tribunale dei ministri; anzi una volta svolte le indagini, i membri del tribunale dei ministri non possono partecipare alle ulteriori fasi del procedimento.
In passato i precedenti casi in cui si è richiesto l’intervento del tribunale dei ministri si sono sempre risolti in archiviazioni. Angelino Alfano di procedimenti di questo tipo ne sa qualcosa dato che lui, prima ministro dell’Interno e poi degli Esteri, finì nel mirino due volte: la prima per il trasferimento piuttosto discusso di un prefetto e una seconda per l’utilizzo di voli di Stato. Altra archiviazione per l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e per l’ex premier Mario Monti per aver deciso di pagare in favore di Morgan Stanley & Co. International 3,1 miliardi di euro, in applicazione della clausola di early termination dei contratti di swap stipulati dall’Italia tra il 1994 e il 2008.