L’informazione italiana sui social media durante la campagna elettorale è stata sostanzialmente equilibrata. E’ il risultato di uno studio condotto da ricercatori del Dipartimento di Scienze della comunicazione dell’Università di Urbino sui dati estratti dall’algoritmo Bias Tracker, creato per individuare pregiudizi e analizzare il ‘sentiment’ nelle pagine web.
Negli ultimi mesi tutti hanno familiarizzato con termini come fake news e clickbaiting e l’analisi è partita dall’idea che alla base delle prime vi siano i pregiudizi e che il secondo sia un fenomeno che finisce per inquinare la qualità dell’informazione sui social.
Ma che cosa è il clickbaiting? Semplificando si può dire che è quel modo di rilanciare sui social un articolo creando un’attesa che poi non viene soddisfatta. Post come ‘Non crederete a cosa ha detto il tale politico sul tale argomento…’ ne sono l’esempio più comune.
Una marea di post
Per verificare come si sia comportata la stampa italiana durante la campagna elettorale e subito dopo le elezioni del 4 marzo, sono stati analizzati 57 mila post sulle pagine Facebook di testate nazionali, ne è stato estratto un campione di 70 e il risultato è confortante: solo nel 10% dei casi c’è una variazione sensibile di sentiment – cioè di approccio del giornalista o del social media manager – tra post e articolo.
Scarica qui il rapporto su Bias Tracker
Nel rilanciare gli articoli su Facebook ne viene rispettato il contenuto, anche se questo non esclude una tendenza a utilizzare un tono più sensazionalistico sui social rispetto al linguaggio con cui sono scritti. In quasi la totalità dei casi analizzati c’è una leggera oscillazione tra sentiment del post e quello dell’articolo. Variazione che nel 31% dei casi diventa significativa.
La tentazione del clickbaiting
È emerso, inoltre, che alcune testate tendono a utilizzare la mossa del lancio sensazionalistico più di altre. Per esempio il tono di quasi tutti i post di Libero presi in esame è nettamente più forte rispetto a quello degli articoli. Anche testate generaliste come Repubblica e Corriere della Sera tendono, a volte, a utilizzare sul social un linguaggio più marcato. Al contrario, le agenzie stampa, Ansa e Agi, si mantengono quasi sempre neutrali sia nei post che negli articoli.
Nonostante sia ancora in fase sperimentale, Bias Tracker ha superato l’esame dei ricercatori di Urbino ed è risultato affidabile nella valutazione del sentiment.
Lo scopo del progetto è appurare l’imparzialità di un testo in base alle parole che lo compongono. Il presupposto da cui parte è che l’utilizzo di determinati termini e la loro posizione nella frase permettono di stabilire il sentiment, cioè l’opinione di chi scrive. Bias Tracker è in grado così di valutare se un articolo, un sito, una pagina social siano viziati da un pregiudizio.
Bias Tracker, progettato da Ugo Barbàra, giornalista di Agi, con gli sviluppatori Douglas Arellanes ed Edouard Richard e con la collaborazione dell’Università e dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Urbino, è stato creato grazie al supporto del programma Tech Camp. Terminato lo sviluppo, sarà uno strumento con cui i partiti politici, le Ong, le aziende e le organizzazioni potranno rilevare quanto sia viziato da pregiudizio ciò che circola sul web sul loro conto. I risultati dell’analisi sono disponibili sul sito www.biastracker.io.