È il momento della svolta? A leggere i titoli dei siti sì, a leggere gli articoli dei quotidiani non tanto. Sergio Mattarella rimanda tutti, e fissa la data degli esami di riparazione per giovedì prossimo, e se qualcuno manda a intendere che i compiti già sono fatti, e la soluzione della crisi vicina, a guardar bene si capisce che di grande ottimismo si tratta.
La legge elettorale impone mediazione, scrive il Corriere
Il M5S? Ancora legato all’idea dei due forni. La Lega? Giura fedeltà ai grillini, ma non può non tenere conto degli antichi affetti, leggi Silvio Berlusconi. Il quale fa notare, tra una riga e l’altra, che i tempi sono cambiati, e che una legge proporzionale richiede ed impone la mediazione della politica. Nessuno può fare da solo, nessun partito è un’isola. Lo ha detto ieri lo stesso Presidente della Repubblica, rileva il Corriere della Sera: “Qualcuno sostiene che le posizioni registrate ieri non siano tanto lontane. Non è vero, e lo dimostra quanto verbalizzato al Quirinale”.
Insomma, al momento di tirare fuori le carte, si scopre che quella magica in mano ancora non ce l’ha nessuno. Vero: Salvini dice che lui tra M5S e Pd sceglie il primo, anche se Berlusconi ora fa l’occhiolino al secondo. E lascia intendere che ci potrebbe essere uno smottamento all’interno di Forza Italia. Ma il nodo che non lascia scorrere il filo dei rapporti tra Salvini e Di Maio, e cioè chi farà il premier non è ancora stato sciolto.
E lo stesso leader leghista premette alla scelta di campo filogrillina, che la premiership affidata al suo interlocutore privilegiato “sarebbe cosa difficile”. Del resto, se ieri non ha sentito Giorgia Meloni né lo stesso Berlusconi, pare che i suoi contatti con Di Maio siano stati altrettanto nulli. Tanto che, perfidamente, l’ex cavaliere gli manda a dire che se vuole fare il vice di un altro “Si accomodi pure”. Come dire: non hai voluto essere il mio secondo, ma ti tocca essere i secondo di un altro. Che poi è quel Di Maio che non ha abbandonato le speranze di poter giocare il Partito Democratico contro la riottosità leghista, e con fare suadente si “rivolge a tutto il Pd” (Renzi compreso, anche se ieri ha fatto scattare la prima vera fronda contro Martina) per vedere cosa si può fare. Anche se esiste una terza via: il governo lampo per fare la legge elettorale e tutti a casa. Sarà, ma Mattarella una via del genere non la digerirebbe, pare.
Per Repubblica l'intesa Salvini-Di Maio è più vicina
No, titola La Repubblica, “Berlusconi è all’angolo” e l’intesa Salvini-Di Maio “più vicina”. Questo perché “il veto pronunciato al Colle da Berlusconi ai populisti mette i due in condizione di stringere”. Ma “il Carroccio sospetta che Silvio cerchi i Dem” mentre “anche i grillini cercano l’intesa con i democratici”. Se c’è un patto tra i due vincitori delle elezioni, sembra essere un patto ancora poco saldo. Anche perché, sintetizza ancora La Repubblica, ci sono “quattro posizioni emerse dalle consultazioni e quindi ci vuole un secondo giro”. È l’emergere di un fatto inoppugnabile: “Al termine di una giornata povera di novità e ricca di veti è apparso chiaro che ancora una volta il Quirinale è tornato a porsi come baricentro della crisi”, anche se “lo stile di Mattarella non è lo stile di Napolitano”. Come dire: nessun preincarico, ma “dieci giorni per trovare una soluzione”. La trovino, i partiti, non il Colle.
La Stampa sottolinea che M5s e Lega hanno capito che bisogna trovare accordi
Tranciante, a riguardo, il giudizio de La Stampa: “La sensazione, confermata dallo stesso presidente Mattarella, è che alla fine di questo primo passaggio istituzionale, soprattutto i due vincitori del 4 marzo, 5 stelle e Lega, dopo essersi autoproclamati per un mese, in nome della volontà popolare, alla guida dei rispettivi governi immaginari, hanno preso atto che un governo non può nascere senza maggioranza, e la maggioranza va costruita con accordi politici e capacità di allearsi, trovando un comune terreno d’azione. Così, se non altro, Di Maio e Salvini hanno smesso di presentarsi come due arruffati capipopolo, accettando in pieno di rispettare le ‘regole costituzionali’, che l’interlocutore sul Colle gli aveva appena, garbatamente, ma fermamente, ricordato”.
A questo punto non c’è bisogno di aggiungere molto altro. Se non che Gentiloni, Presidente del Consiglio dimissionario ma ancora in carica per il disbrigo degli affari correnti, fa sapere sommessamente che lui il documento di programmazione economica e finanziaria, oggi detto Def, lo farà slittare di due settimane. Come dire: attendiamo tempi migliori, in cui ognuno sarà pronto a prendersi le proprie autentiche responsabilità. I conti con l’Europa sono una cosa cui Mattarella tiene particolarmente, e lo ha ribadito ieri anche a Di Maio e Salvini.