Matteo Renzi si prepara al gran finale della campagna elettorale e intanto avverte: se il Partito Democratico dovesse far registrare un risultato al di sotto delle aspettative nessun passo indietro del segretario.
C'è da intendersi su quali siano le aspettative dei dem. Per il leader l'obiettivo è quello di affermarsi come primo partito in Parlamento. Un risultato che, va ripetendo Renzi, è alla portata.
La soglia 'Bersani' del 25%
La partita, per il segretario, è tra Pd e M5s. Berlusconi è in corsa, invece, per il titolo alla coalizione. In termini numerici, l'asticella oltre la quale si potrebbe parlare di "successo" sembra fissata al 25 per cento, sulla 'linea Bersani', ovvero il risultato ottenuto alle precedenti consultazioni dall'ex segretario dem, oggi in Liberi e Uguali. Di successo si tratterebbe soprattutto in considerazione del fatto che, da allora, il Pd ha subito una scissione e visto andar via la 'sinistra-sinistra' del partito. Un motivo, questo, che fa dire ad alcuni esponenti che "anche fermarsi al 23 per cento non sarebbe da considerarsi una sconfitta".
Uscire come primo partito da queste elezioni, è il ragionamento che si fa dalle parti del Nazareno, metterebbe Renzi in condizione di dare le carte quando ci sarà da indicare il candidato premier, anche nell'ipotesi che il presidente della Repubblica possa lavorare per un governo formato da un ampio arco di forze politiche. Una scelta che spetta al solo Mattarella - Renzi lo ripete ad ogni occasione - ma il Capo dello Stato difficilmente non terrà conto dei numeri del nuovo Parlamento per decidere a chi affidare l'incarico.
Per avere un nuovo segretario in ogni caso occorrerà fare un nuovo congresso, è la linea dei renziani. Gli stessi fanno notare che l'85% dei candidati del Pd sono espressione del segretario. In ogni caso, chi in passato ha contestato o avuto dubbi sulla sua leadership è pronto, nell'ipotesi di un arretramento del Pd come percentuale alle urne, a chiedere il conto.
Ma Renzi è convinto di poter spostare molti voti
"Se si scende sotto una certa quota è ovvio che bisognerà aprire una discussione", dicono fonti della minoranza dem, e non solo. Da qui al 4 marzo, Renzi è sicuro di poter ancora spostare molti voti verso il Pd e cercherà di farlo rivolgendosi soprattutto agli indecisi. È l'elettorato "non fidelizzato", infatti, ad aver determinato i risultati delle ultime tornate elettorali, viene fatto notare da chi in queste ore segue da vicino la campagna elettorale.
La strategia fin qui adottata è quella della rassicurazione: davanti a un elettorato disorientato e intimorito, il Pd si presenta forte dei risultati raggiunti negli anni di governo, segnati dalla crisi, ma anche da grandi conquiste in termini di diritti civili - messaggio da inviare a chi ha un orientamento di centro sinistra - e da una ripresa economica che nei prossimi anni potrebbe far sentire i suoi effetti anche sulle famiglie, specie il ceto medio uscito a pezzi dalla crisi cominciata nel 2008.
La strategia della rassicurazione
Fino all'ultimo minuto utile prima del silenzio elettorale, dunque, il Partito Democratico è deciso a giocarsi le sue carte. Nelle intenzioni di Renzi, la chiusura della campagna elettorale sarebbe dovuta tenersi nelle strade e nelle piazze. Buran, tuttavia, sta facendo riflettere sull'opportunità di seguire questa strada.
Al momento, dunque, è confermato che Renzi chiuderà nella sua Firenze, mentre domani sarà a Roma, con Paolo Gentiloni, per sostenere la candidatura alla Regione Laizo di Nicola Zingaretti (ore 18,00 al Cinema Adriano).
Il Pd capitolino sta, intanto, cercando la location ottimale per la chiusura che dovrebbe vedere sullo stesso palco pezzi pregiati dem come Marianna Madia, Matteo Orfini, Nicola Zingaretti e, forse, lo stesso Paolo Gentiloni. L'indicazione di Piazza Mastai, a Trastevere, non ha conferma da parte dei vertici del partito a Roma che, viene fatto sapere, dovrebbe annunciare il luogo prescelto domani. Probabile, però, si resti nello storico quartiere romano.