Roma - La Consulta boccia la riforma Madia della Pubblica amministrazione dichiarandola "parzialmente illegittima" nel punto in cui l'attuazione dei decreti prevede un semplice parere della Conferenza Stato-Regioni. Questo non basta: serve un'intesa preventiva, per non ledere l'autonomia delle Regioni.
Si fa in particolare riferimento a 4 punti della legge delega:
- Dirigenza pubblica
- Riordino della disciplina delle partecipazioni societarie
- Servizi pubblici locali di interesse economico generale
- Pubblico impiego.
Nella sentenza numero 251 della Corte Costituzionale, a seguito di un ricorso della Regione Veneto, si legge che la riforma Madia è "parzialmente illegittima" dove "prevede che i decreti legislativi attuativi siano adottati previa acquisizione del parere reso in sede di Conferenza unificata, anziché previa intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni". Quando "non è possibile individuare una materia di competenza dello Stato cui ricondurre, in via prevalente, la normativa impugnata, perché vi è, invece, una concorrenza di competenze, statali e regionali, relative a materie legate in un intreccio inestricabile, è necessario che il legislatore statale rispetti il principio di leale collaborazione e preveda adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni (e degli enti locali), a difesa delle loro competenze".
La Corte ha invece respinto i dubbi di legittimità costituzionale proposti dalla Regione Veneto nei confronti delle norme recanti la delega a modificare e integrare il Codice dell'amministrazione digitale. Le eventuali impugnazioni delle norme attuative dovranno tener conto "delle concrete lesioni delle competenze regionali, alla luce delle soluzioni correttive che il Governo, nell'esercizio della sua discrezionalità, riterrà di apprestare in ossequio al principio di leale collaborazione", conclude la Consulta. Più nel dettaglio l'illegittimità riguarda gli articoli 11, 17, 18 e 19 della legge 124 del 2015. Alcuni decreti sono stati già emanati (società partecipate e servizi pubblici locali), mentre quello sulla dirigenza dovrebbe essere promulgato domani, dopo aver avuto ieri il via libera definitivo dal Consiglio dei ministri.
Questi gli articoli su cui si è espressa la Consulta
- RIFORMA DELLA DIRIGENZA (art.11): il decreto è stato approvato ieri dal Consiglio dei Ministri "salvo intese" e questo lascia spazio a eventuali interventi sul testo prima della pubblicazione in Gazzetta ufficiale; istituisce i ruoli unici per i dirigenti dello Stato, delle regioni e degli enti locali; la durata limitata degli incarichi di 4 anni rinnovabili. I dirigenti senza incarico perdono le parti variabili della retribuzione e dopo 2 anni sono collocati d'ufficio in un posto disponibile; in caso di rifiuto decadono dal ruolo.
- RIORDINO DISCIPLINA DEL LAVORO PUBBLICO (art.17): è un capitolo della legge delega non ancora attuato tranne che nel punto sui procedimenti disciplinari: chi truffa sulle presenze in entrata o direttamente o per interposta persona, se colto in flagranza di reato, sarà subito sospeso e sarà contestualmente avviato l'iter per il licenziamento che dovrà concludersi entro 30 giorni.
- PARTECIPATE (art.18): il testo unico riduce le società e razionalizza la platea: non sono consentite le societa' prive di dipendenti o quelle che hanno un numero di dipendenti inferiore a quello degli amministratori, quelle che nella media dell'ultimo triennio hanno registrato un fatturato sotto il milione di euro, quelle inattive che non hanno emesso fatture nell'ultimo anno, quelle che svolgono all'interno dello stesso comune o area vasta doppioni di attività, quelle che negli ultimi 5 anni hanno fatto registrare quattro esercizi in perdita e quelle che svolgono attività non strettamente necessarie ai bisogni della collettività.
- SERVIZI PUBBLICI LOCALI (art.19): il testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico prevede che alle autonomie locali viene riconosciuta la funzione fondamentale di individuare quelle attività di interesse pubblico considerate necessarie ai bisogni della comunità per l'affidamento e la gestione dei servizi pubblici di interesse economico generale. Le autonomie locali possono decidere tra affidamento mediante gara, affidamento a società mista, gestione diretta con affidamento in house.
Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, parla di "una sentenza storica, siamo stati gli unici ad aver creduto nei nostri diritti". "E' - aggiunge - uno storico colpo al centralismo sanitario governativo. I dirigenti della sanità non arriveranno da Roma".
Immediata la replica del premier Matteo Renzi secondo il quale questa sentenza dimostra che bisogna mettere mano alla Costituzione: "E poi mi dicono che non devo cambiare le regole del Titolo V, siamo circondati da una burocrazia opprimente. Siamo un Paese bloccato". La riforma del Titolo V, risponde a distanza la segretaria generale della Cgil, Susanna Camusso "non c'entra nulla in questo caso, mi pare strumentale". Intanto il ministro Marianna Madia ha convocato i leader di Cgil, Cisl e Uil per mercoledì 30 sul rinnovo dei contratti pubblici.
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