(AGI) - Roma, 14 gen. - (di Davide Sarsini Novak) Il piu'
popoloso Paese musulmano del mondo, l'Indonesia, fino a pochi
mesi fa era considerato immune al contagio dello Stato
islamico, quel Daesh che ha infettato il Grande Medio Oriente,
dall'Afghanistan fino allo Yemen e al Bangladesh. Si stima che
il Califfato abbia un migliaio di seguaci nell'arcipelago, di
cui fra i 100 e i 300 rientrati dalla Siria, compresi donne e
bambini, su oltre 500-600 "foreign fighters" indonesiani. Sono
numeri comunque bassi, se si pensa che solo dalla Tunisia sono
partiti in 6.000 a combattere per Al-Baghdadi. Senza contare
che il principale gruppo terroristico, il Jemaah Islamiyah
autore della strage di Bali del 2002, ha legami con Al Qaeda e
si oppone all'Isis.
A fine dicembre, pero', era gia' scattato il primo
campanello d'allarme, con le forze di sicurezza di Giacarta che
hanno lanciato una caccia all'uomo per catturare il leader
fondamentalista Santoso, che ha giurato pubblicamente fedelta'
allo Stato islamico. Santoso guida una delle piu' importanti
organizzazioni terroristiche del Paese, Mujahideen Indonesia
Timor (Mit), che ha posto sotto l'ombrello del Califfato.
L'operazione nell'isola di Giava ha portato all'arresto di
diversi jihadisti e alla scoperta di piani terroristici per
colpire il Paese che ospita 200 milioni di musulmani. Il
procuratore generale australiano ha avvertito che l'Isis punta
a stabilire "un califfato a distanza" in Indonesia.
Dal 2013 a far campagna per gli uomini del Califfato c'e'
il Forum degli attivisti della legge islamica (Faksi) che sotto
la guida spirituale di Aman Abdurrahman li ha indicati come i
protagonisti di una cruciale "guerra santa" in Siria.
Anche i vertici del gruppo fondamentalista Jamaah Anshorut Tauhid (Jat) hanno giurato fedelta' ad Al Baghdadi: tra loro c'e' l'influente fondatore dell'organizzazione nata nel 2008, l'emiro Abu Bakar Bashir, attualmente in carcere.
Uno studio del settembre 2014 dell'Istituto per l'Analisi politica e dei conflitti (Ipac) di Giacarta ha denunciato una massiccia campagna di propaganda dell'Isis nel Paese e il giuramento di fedelta' al Califfato di almeno 1.000-2.000 indonesiani. In particolare la retorica del Daesh avrebbe trovato terreno fertile come riscatto alle sofferenze dei sunniti, per l'evocazione di un ritorno al califfato e per quella sorta di battaglia finale che una profezia preconizza si debba combattere nella regione dello Sham, tra Siria, Giordania, Libano, Palestina e Israele.
Storicamente l'Indonesia ha conosciuto molti attacchi terroristici di matrice fondamentalista dall'indipendenza dall'Olanda, ottenuta nel 1945. Gia' nel 1949 il gruppo Darul
Islam aveva proclamato uno Stato islamico nel Paese e condannato i governanti dell'epoca come apostati. Ne seguirono una serie di attacchi armati negli anni '50 e '60. Il terrorismo islamico e' riaffiorato alla fine del secolo con gli attacchi alle chiese del gruppo Laskar Jihad ed e' esploso nel 2002 con la strage di Bali (202 morti tra cui 88 australiani) firmata da Jemaah Islamiyah, una sigla nata nel 1993. La repressione condotta da Giacarta ha limitato gli attacchi ma non il reclutamento e la diffusione del fondamentalismo. E ora l'Indonesia rischia di diventare una testa di ponte per lo sbarco dell'Isis nel sud-est asiatico, verso altri colossi islamici come la Malaysia.
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