Il neo ministro per la Famiglia e i Disabili del governo Conte, Lorenzo Fontana, ha una ricetta per superare la crisi economica: riempire le culle vuote.
Laureato in scienze politiche all'Università degli Studi di Padova, il 38enne veronese deputato della Lega ha pubblicato a febbraio un libro scritto a quattro mani con l’ex presidente dello Ior.
Nel volume, che si intitola “'La culla vuota della civiltà. All'origine della crisi”, i due autori sostengono che il “terribile inverno demografico di un popolo cancella il futuro e l'identità rappresentando inoltre la principale causa del declino economico di una nazione”.
E in Italia tutto ciò starebbe già accadendo, “in un vortice che vede invecchiare la popolazione, aumentare i costi fissi di pensioni e sanità e ridurre la produttività per la mancanza di giovani afflussi al mercato del lavoro, facendo crollare le speranze per il futuro e la voglia di risparmio”.
La ricetta? Ripartire dalla famiglia
La soluzione per arrestare questo processo inesorabile è prima di tutto avere “il coraggio di ripianificare le priorità dell'agenda politica, allargandone il raggio d'azione a investimenti duraturi e strutturali, riattribuendo senso e valore a parole e concetti dimenticati, primo fra tutti: la famiglia”.
La crisi demografica in Italia, scrive Fontana, sta producendo numeri da guerra. “E’ come se ogni anno scomparisse dalla cartina geografica una città come Padova. Noi non ci arrendiamo all’estinzione e difenderemo la nostra identità contro il pensiero unico della globalizzazione, che oggi ci vuole tutti omologati e schiavi. La politica deve produrre un cambiamento culturale, con azioni che guardino ai prossimi 20-30 anni: ne va della sopravvivenza della nostra civiltà”.
Su Facebook, riporta Il Post, il neoministro ha scritto: “A sinistra vorrebbero compensare il calo demografico importando immigrati, ma la società multiculturale ha fallito, è la società ideale per chi vuole arrivare a comandare senza che nessuno dia fastidio, è una dittatura leggera”.
L’Ue vuole l’uomo solo
Secondo Fontana, si legge su Corrispondenza romana che ha riportato una presentazione dei due autori, la civiltà occidentale è decadente perché è decadente la famiglia naturale, non più sostenuta dagli Stati.
“L’Unione Europea vuole creare un uomo nuovo omologato ed artificiale e questo uomo nuovo deve essere solo, staccato dalla famiglia e dalle relazioni comunitarie, in quanto così è più facilmente indottrinabile. Si va in questo modo, dopo il nazismo ed il comunismo, verso un nuovo totalitarismo, che potrà a sua volta assumere forme anche violente. Lo scopo è la cancellazione della famiglia naturale e del cristianesimo, e non è un caso che l’UE abbia rifiutato di inserire il riferimento alle radici cristiane nella propria costituzione”. Per Fontana lo Stato deve favorire la ripresa delle famiglie.
Pil e popolazione, ecco come lavorano insieme
Ettore Gotti Tedeschi insiste, invece, su tre problematiche, secondo lui molto trascurate nei dibattiti. Per prima cosa, l’ex presidente dello Ior, sottolinea la correlazione diretta tra crescita della popolazione e crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL).
Questo è vero soprattutto per l’Occidente – sostiene - dove negli anni ‘60 del Novecento si sono diffuse teorie neomalthusiane che mirano alla decrescita della popolazione. “La popolazione di Europa, Stati Uniti e Giappone nel 1970 era di circa 2 miliardi ed è rimasta oggi pressoché inalterata – sebbene invecchiata – mentre quella del resto del mondo è passata da 2 a 5,5 miliardi di persone. Da 35 anni abbiamo in Europa dei tassi di crescita della popolazione negativi (1,6 figli per donna in Europa, 1,3 in Italia, ben al di sotto della crescita 0), che hanno fatto da preludio al crollo delle economie mondiali”.
C’è un solo modo, spiega Gotti Tedeschi, per aumentare il PIL al diminuire della popolazione ed è far aumentare i consumi individuali. Poi, mette in guardia: “il PIL nazionale non va confuso con il PIL pro capite. Sbaglia chi sostiene che la diminuzione della popolazione arrecherebbe benefici all’economia. Ciò è possibile, in realtà, solo per un periodo di tempo molto breve (massimo 5 anni)”. Infine, “l’economia non è una scienza e non può quindi godere di autonomia morale”.