“Abbiamo fatto il meglio che si poteva fare”. In un’intervista a Il Messaggero di Roma, il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini si esprime così in merito ai contenuti della manovra economico-finanziaria varata poco più di 24 ore fa. E “tenendo presente lo stato delle cose” Franceschini reputa che si tratti di una "manovra che ha mantenuto l’impegno di evitare l’aumento dell’Iva e che contiene misure giuste ed espansive” e “non 8 miliardi di nuove tasse”.
Al quotidiano della Capitale che obietta al ministro che 3 miliardi per il taglio del cuneo fiscale sembrano pochi, e che Prodi ne sforbiciò 7, ritenuti per altro un aumento impalpabile, Franceschini ribatte che in verità “sono un aumento significativo” perché “sono 3 miliardi in metà anno e nel prossimo saranno 5”. Per poi sottolineare che “siccome i soldi non si stampano, per farlo più alto avremmo dovuto intervenire sull'lva o su altre forme di prelievo: se tiri la coperta da una parte, dall'altra si scoprono i piedi. Non si scappa”. “C'e un impegno chiaro a non rimodulare I'Iva adesso e lo manterremo”, assicura.
Ma come giudica Franceschini il contrasto Conte-Di Maio, dove il primo definisce la lotta all’evasione come la madre di tutte le battaglie, e il ministro degli Esteri frena invece sull’uso della moneta elettronica? “Lei mi parla di Di Maio – ribatte il ministro del Collegio Romano – ma la lotta all'evasione è nel programma di governo firmato da tutti. Comunque nessuno vuole colpire i piccoli evasori: nel programma al punto sedici c'è scritto: inasprimento delle pene per i grandi evasori'. E cosi sarà. Per questo il Pd non vuole abbassare le soglie di punibilità”.
Quanto ai 5Stelle e Italia viva che annunciano già emendamenti correttivi, Franceschini dichiara che “Questo non è iI modo giusto di lavorare in una coalizione“, primo “perché può essere un'istigazione a far tutti così”, secondo perché “non si trasmette una buona impressione all'opinione pubblica”, terzo “il principio della coalizione e cercare la mediazione e l'intesa su ogni punto”. Insomma, “venirsi incontro”.
Ma Renzi e Di Maio hanno assimilato questo spirito? Franceschini si limita a dire che “lo conoscono perfettamente” e che anche “il solo modo per andare avanti”. Ma poi assicura che “gli avversari non sono dentro la coalizione di governo, ma fuori” e che “non vede il rischio che Renzi faccia il Salvini dell’esecutivo giallo-rosso”. “I due hanno in comune solo il nome”, chiosa.