È l’onda lunga dello scandalo che portò, nel 2013, al tramonto della leadership di Umberto Bossi. Fino ad allora patron incontrastato della Lega ma da quel momento, per via di una condanna che lo associa all’ex tesoriere del partito Francesco Belsito, messo di fatto in pensione dalla politica anche se eletto senatore lo scorso 5 marzo.
Dietro la faccenda che ha portato la Guardia di Finanza a perquisire le sedi di Bolzano e di Milano della Sparkasse, la Cassa di Risparmio del capoluogo altoatesino, c’è una cifra da capogiro: 48 milioni di euro. Tanti quanti la magistratura ha chiesto di mettere sotto sequestro a titolo risarcitorio dopo le condanne comminate agli allora vertici del Sole delle Alpi.
Da Bolzano al Lussemburgo e ritorno
In sintesi: quel denaro, o buona parte di esso, si sospetta sarebbe stato portato successivamente fuori dell’Italia, in Lussemburgo, per poi farlo rientrare nel nostro Paese avendolo trasformato in contante intoccabile, perché non più legato a quella vicenda.
Quando venne deciso il sequestro, sui conti del partito di milioni ne vennero trovati soltanto due. Ugualmente il sequestro, chiesto dalla procura di Genova, era stato confermato ancora lo scorso aprile dalla Cassazione. A questo si è aggiunta, nei mesi scorsi, una segnalazione arrivata alle autorità inquirenti, direttamente dal Lussemburgo. Una operazione anomala, quella fatta notare alle autorità italiane, per cui una somma di tre milioni sarebbe andata dall’Italia all’Italia via Granducato.
La Sparkasse nega ogni legame
Il presidente della Cassa di Risparmio dell’Alto Adige, l’avvocato Gerhard Brandstaetter ha subito detto che “non ci sono legami tra la Cassa di Risparmio e la Lega" ricordando che "fino ad alcuni anni fa" il movimento "aveva un conto corrente in attivo presso la filiale di Milano per poi chiuderlo".
Una rogatoria per il Lussemburgo
La gestione del patrimonio della Lega è stata di recente oggetto anche di una inchiesta dell’Espresso. In passato il segretario della Lega, Matteo Salvini, aveva assicurato che il partito non ha nelle sue disponibilità una cifra come quella individuata dalla procura di Genova, che indaga sul caso. Intanto quest’ultima ha fatto partire una rogatoria internazionale alla volta del Granducato, per ottenere nuove carte.