Liberarsi dei dipendenti, fedeli al partito, per poter assegnare consulenze costosissime senza che nessuno protestasse. Nel nuovo capitolo dell'inchiesta sulle rivelazioni di Daniela Cantamessa, Tpi ricostruisce il clima in via Bellerio dopo le dimissioni di Umberto Bosi da segretario della Lega.
“All’epoca avevamo 40 milioni in cassa”, ricorda Cantamessa. “Tutte le attività vennero esternalizzate con spese allucinanti e il personale interno fu liquidato, nonostante costasse solo 4 milioni all’anno. Cosa pensammo? Che ci fosse in atto un’azione per chiudere la Lega”.
L'ex segretaria di Bossi aggiunge che fu “Giorgetti (Giancarlo, oggi sottosegretario alla presidenza del Consiglio, ndr) a dire che bisognava mettere da parte un milione di euro per incentivare il personale a licenziarsi”.
Dopo la prima parte dell’inchiesta di TPI, la donna è stata interrogata dai pm di Genova che indagano sulla scomparsa di 49 milioni dalle casse del partito. La cacciata dei dipendenti, secondo Cantamessa, sarebbe stata perfettamente funzionale all’operazione. “Il concetto era semplice”, spiega. “Io prendo dei mercenari e li pago per fare ciò che devono fare. I dipendenti, essendo anche militanti, avrebbero certamente rotto le scatole. Perciò andavano licenziati”.
E i licenziamenti effettivamente ci furono, ricostruisce Tpi: tra il 2015 e il 2017 la quasi totalità dei dipendenti leghisti venne messa in mobilità.
Tpi ha anche intervistato due ex impiegati del Carroccio, Roberto Callegari e Andrea Tampieri, che hanno confermato le parole di Cantamessa. “Dopo le dimissioni di Bossi tutti i soldi sono stati sperperati “, dicono. “Fu acquistato, ad esempio, un nuovo programma di contabilità che poi si rivelò inutilizzabile. Il costo, in questo caso, fu di 80mila euro. Anche altre attività furono esternalizzate, comprese quelle relative ai nostri licenziamenti. Siccome non avevano le palle per lasciarci a casa, il lavoro sporco lo hanno fatto fare” a una società di consulenza.