Nessun ministro leghista parteciperà a manifestazioni in occasione della Festa per la Liberazione dal nazi-fascismo. Matteo Salvini ha fatto sapere che, il 25 aprile, sarà a Corleone, in Sicilia, per l'inaugurazione del locale commissariato di polizia, insieme al governatore siciliano, Nello Musumeci, e il capo della polizia, Franco Gabrielli. "È giusto ricordare i drammi storici di settanta anni fa, però, la guerra di Liberazione oggi io, da ministro dell'Interno, non la faccio ricordando il fascismo e il comunismo. La faccio combattendo la mafia nel cuore della Sicilia che ha diritto di essere liberata dalla mafia. Fortunatamente siamo in democrazia fascismo comunismo e nazismo non torneranno più", ha spiegato il capo della Lega.
Da sempre critico nei confronti di una ricorrenza, che, a suo giudizio, negli anni "si è tinta un po' troppo di rosso" e invece dovrebbe tornare a essere la "festa di tutti" e non un "derby tra fascisti e comunisti". Tra i ministri leghisti, il titolare delle Politiche agricole, Gianmarco Centinaio, ha fatto sapere che passerà "in famiglia" la ricorrenza. Mentre non risulta nelle agende di alcun altro ministro del partito di via Bellerio una partecipazione alle celebrazioni.
Ma i governatori e i sindaci ci saranno
Diverso è il discorso sul territorio. I governatori e i sindaci della Lega dovrebbero partecipare alle cerimonie, in veste istituzionale. Il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, sarà a Vittorio Veneto con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, così come il governatore lombardo Attilio Fontana dovrebbe partecipare alle celebrazioni nella 'sua' Varese. Stesso discorso per molti sindaci 'ex nordisti', finiti semmai nel mirino per aver 'accorciato' la durata dei cortei, come il primo cittadino di Gallarate, nel Varesotto, Andrea Cassani. Mentre ha fatto discutere, sempre in Lombardia, la decisione della sindaca di Lentate sul Seveso, Laura Ferrari, di cancellare le celebrazioni della Liberazione. La sindaca non è pero' della Lega, ma di Forza Italia, anche se sposata con il capogruppo leghista in Senato, Massimiliano Romeo.
Da quando è alla guida della Lega - dicembre 2013 - Salvini non ha mai partecipato a manifestazioni organizzate per la Festa della Liberazione. Due anni fa, ha radunato il popolo leghista attorno al tema del diritto alla legittima difesa, in una sorta di contro manifestazione a Verona.
Il 25 aprile non è una delle ricorrenze che più scaldano i cuori leghisti, che, anzi, preferiscono, soprattutto in Veneto, festeggiare San Marco. Ma l'impronta 'anti-fascista' data da Umberto Bossi al partito che ha fondato non è stata completamente cancellata. E rimane negli annali della storia politica l'incursione del senatur, alla guida di un drappello di 'lumbard', al corteo del 25 aprile milanese, contestato per l'appoggio al primo governo Berlusconi, nel 1994. Poi applaudito per averlo fatto cadere, l'anno successivo. L'ex ministro e governatore Roberto Maroni ha quasi sempre partecipato alle celebrazioni a Varese.
"No al derby fascisti-comunisti"
Diverso l'approccio inaugurato con la segreteria di Salvini. Il 25 aprile, scandiva Salvini nel 2016, "sto coi miei figli, perché l'ipocrisia 'rossa' mi infastidisce, perché la Resistenza non fu solo rossa: fu bianca, liberale, democratica, ci furono tanti parroci fatti fuori dai comunisti". "L'occupazione 'rossa' di una festa che dovrebbe riguardare tutti mi dà estremamente fastidio e quindi non mi presto alla strumentalizzazione di questa ricorrenza", sosteneva.
"Sono al fianco dei patrioti come Marine Le Pen, che combattono contro questa dittatura dell'Unione europea che usa la moneta al posto dei carri armati ma fa gli stessi morti", tuonava dal palco della manifestazione per la legittima difesa, il 25 aprile del 2017. "No al derby fascisti-comunisti. Io sono idealmente nelle piazze dove si parla di libertà e liberazione, ma io voglio portarla fino in fondo".
Le idee di Salvini erano già definite nel 2004, quando organizzò un 25 aprile padano. Sfruttando la sua crescente popolarità nel Movimento, organizzò l'apertura di quattro sezioni di Milano per discutere della Resistenza in compagnia di partigiani "che combatterono dall'altra parte" rispetto ai rossi che sfilavano in piazza. 'I nuovi partigiani siamo noi', recitava lo slogan. I leghisti contestavano la sinistra non solo per le sue responsabilità storiche ma soprattutto perché si stava opponendo alle loro nuove rivendicazioni federaliste e perché predicava il dialogo con l'Islam.