Assenteismo, parco mezzi datato e una lunga storia di errori di gestioni: Atac sembra condannata al fallimento. E' il suo stesso direttore generale, Bruno Rota, a lanciare un allarme che suona come l'anticipazione dell'inevitabile: l'azienda romana dei trasporti pubblici va dritta verso il crac.
Manager dell’Iri sotto la presidenza di Romano Prodi e più di recente di risanatore dell’Azienda trasporti milanese, Rota è da marzo direttore generale dell’azienda municipalizzata di trasporto pubblico di Roma, dove ha trovato dieci anni consecutivi di perdite. E' urgente, ha detto in due interviste, al 'Corriere' e al 'Fatto' agire di fronte a una grande società pubblica in situazione di insolvenza per la quale bisogna anche ipotizzare una procedura fallimentare.
Ecco, in pillole, cosa pensa Rota di Atac
Un debito enorme
"Un’azienda assai pesantemente compromessa e minata, in ogni possibilità di rilancio organizzativo e industriale, da 1.350 milioni di debito sedimentato nel tempo. Se non ha capacità di far fronte agli impegni finanziari, ha l’obbligo di legge di evidenziare questa situazione. I modi per affrontare questo debito spaventoso sono nell’ordinamento italiano, si tratta di percorrerli con trasparenza, coraggio e rapidità. Per adottarli restano un paio di settimane".
Impossibile rinnovare il parco mezzi, impossibile riparare i vecchi
"L’effetto combinato dell’anzianità del parco mezzi e l’impossibilità di fare interventi di manutenzione, dato che non si trovano fornitori disposti a darci credito, fa sì che non si riesca a far fronte alle esigenze di normale funzionamento. Questo mese abbiamo pagato gli stipendi ricorrendo a misure eccezionali e chiedendo un impegno straordinario al Comune di Roma, che però non è ripetibile all’infinito".
Cosa bisogna fare
"Avere il coraggio di affrontare la drammatica dimensione del debito che si trascina da tempo. Occorrono misure serie e immediate. Bisogna ripristinare un sistema di controllo sulle regole che pur ci sono ma che da tempo nessuno rispetta, per cui ognuno fa ciò che gli pare. Il tema centrale oggi non è ridurre il numero dei dipendenti. Chi lo sostiene ora fa solo del terrorismo psicologico. Anzi i dipendenti in un certo senso mancano, visti i tassi di assenteismo consolidati nel tempo. Il tema è far lavorare di più e meglio quelli che ci sono. Oggi con questi tassi di assenteismo si fa fatica a coprire i turni".
Il difficile rapporto con i sindacati
"All’Atm di Milano ho avuto rapporti anche ruvidi in certi momenti, ma sempre costruttivi. A Roma si presentano come rappresentanti delle posizioni del sindacato gente che ha trecento iscritti su undicimila dipendenti. Gente che va in tivù a spiegare come funzionano i sistemi di sicurezza dei mezzi senza saperne nulla. I sindacati più rappresentativi non hanno fino in fondo la percezione della gravità e della dimensione del problema".