Sui giornali è diventata “La Bestia”. Scritto così, in maiuscolo, come ad enfatizzarne potenza e ferocia. E alla “Bestia” è stato attribuito il merito del successo sui social network del ministro dell’Interno Matteo Salvini. Eppure della “Bestia” non si sa nulla. Non esiste una traccia, non una voce, né una conferma. Si dice, si scrive, che sia uno strumento in grado di analizzare in tempo reale l’orientamento dei commenti e delle reazioni ad un post. Che ‘suggerirebbe’ su quali temi calcare nel post successivo. Che termini usare. Come moderare dolcezza e cattiveria. Un software che aumenterebbe la viralità della comunicazione, il numero di reazioni, cavalcando paure e aspettative. Ma a crederci sono in pochi, di certo non gli esperti di social media.
Nei codici di quel software, tornando al ‘si dice’, ci sarebbe il segreto della vittoria social di Salvini: 3,1 milioni di fan su Facebook, 869 mila su Twitter, e centinaia di migliaia di persone che seguono le sue dirette, con numeri da sfidare lo share dei programmi televisivi di maggiore successo. In un report condiviso su twitter dal capo della comunicazione social, Luca Morisi, si calcolava che per ottenere l’effetto virale dei suoi post ad una normale fanpage servirebbero investimenti pari a 6,8 milioni di euro al mese.
Come è nato il mito de "La Bestia"
“La Bestia” col tempo si è arricchita di mito, alimentato dai media. È diventata un “complesso e oscuro sistema di algoritmi”, qualcosa che nasconde la sua forza e efficacia nell’incomprensibile ginepraio della programmazione fatta da chissà chi, con quale segreto codice. Come se la Bestia sapesse, indicasse, organizzasse tutto. In alcuni articoli si è addirittura detto che i “complicati algoritmi” della Bestia fossero in grado di ‘suggerire’ i post del vicepremier.
"Su questo si sono scritte pagine e pagine di analisi", ha detto lo stesso Salvini in un'intervista a Enrico Mentana del 10 settembre scorso (min. 1.42), "Così anche sulla narrazione: chissà cosa c'è dietro, chissà quale profilazione per capire quale messaggio dare. Ma in realtà nessuno mi suggerisce quando condividere le cose e le decido in base a quello che succede ogni giorno". E ancora (min. 8) "Facebook all'inizio non lo volevo nemmeno aprire, e ho ceduto a Whatsapp solo recentemente. Non c'è niente di studiato, molto viene dalla spontaneità". E infine (min 11): "Mi attaccano perché comunico bene. No, tu puoi avere tutte le tecniche di comunicazione possibile, ma se non hai niente da dire, un'idea, un progetto, puoi usare le migliori parola ma la gente guarda sempre il contenuto".
Ma della Bestia non si sa nulla, nel senso che non si sa quale siano gli strumenti usati dal team di Salvini, e inutili sono stati finora i tentativi di carpirne una sfumatura da parte dei media (anche Agi ha provato a contattare il team al seguito di Morisi, chiuso in uno strettissimo no comment). Nemmeno la paternità del suo nome è certa. Di sicuro non è della stampa. Sarebbe degli stessi dirigenti della Lega, almeno secondo quanto ha detto in un’intervista che ha fatto assai discutere negli ultimi mesi lo ’spin doctor digitale’ Alex Orlowski. Ad AGI Orlowski ha confermato che il nome è del team di Morisi. “È così che lo chiamano, hanno anche registrato un dominio nel 2016, liberalabestia.it”. Dietro il dominio (che oggi è libero) però non c’è un sito, e stando all'archivio di Internet non c'è mai stato.
Cosa dicono gli esperti di social media a proposito de "La Bestia"
Eppure al momento non sembra esistere nessuno strumento in grado di suggerire, o peggio, scrivere i post, i tweet di un politico o di un’azienda, garantendone l’efficacia. Su questo gli esperti di social media sono concordi. “La Bestia”, ha spiegato ad AGI Vincenzo Cosenza, uno dei massimi esperti italiani sull’argomento ’“probabilmente altro non è che un semplice strumento di monitoraggio della rete. Un tool in grado di leggere commenti e conversazioni che riguardano un argomento specifico, come ce ne sono tanti in giro. Certo non ho informazioni dirette e non conosco il lavoro dello staff del ministro, ma niente lascia intendere che sia qualcosa di diverso da uno strumento di analisi del sentimento della rete”. Un listening tool, lo chiamano, uno strumento di ‘ascolto’, che offre a chi lo legge informazioni su quanto si parli bene o male di ‘topic’, argomenti specifici.
Ma a chi serve? chi aiuta? “Chi sa leggerli, ovvero i social media manager. Questi strumenti mettono sotto osservazione delle parole chiave (keyword)”, continua Cosenza, “scarica tutti i dati raccolti e offre una fotografia del sentimento della rete in tempo reale. Ma da qui ad immaginare un algoritmo che vada a determinare in automatico il tema di un tweet mi pare francamente fantascienza. Questo è quello che fanno i social media manager, non gli algoritmi. Sono loro che sanno cosa scrivere, dopo l’analisi dei dati del software. E poi il social media manager di un’azienda, di un partito, conosce già i temi di cui deve scrivere, e come scriverne. È la bravura del suo lavoro a fare la differenza. Detto questo, la verità su La Bestia la sanno solo quelli dello staff di Salvini”.
Arte politica e disintermediazione, più che complessi algoritmi
È un po’ come se “La Bestia” fosse lo stesso team dei social media manager, guidato da Luca Morisi, più che il software in sé. “Quello che però mi sembra essere una novità”, continua Cosenza, “è l’uso sistematico di uno strumento del genere. Finora i partiti li hanno usati, ma solo in campagna elettorale. La Lega sembra essere il primo partito ad usarlo sempre, tema dopo tema, discussione sui social dopo discussione. È questo, se confermato, il vero salto di qualità, il vero cambio di passo nella strategia”.
Il costo di questi strumenti, tra l’altro, non è elevatissimo e si aggirano intorno a qualche migliaio di euro al mese. Un prezzo che aumenta in proprorzione al numero di messaggi analizzati. Non è escluso, tra l’altro, che il tool in uso dal team di Morisi sia stato sviluppato internamente, dalla sua società, Sistemi Intranet, magari mettendo a sistema un po’ di tecnologie esistenti. E comunque qualsiasi alchimia software non sembrerebbe potersi prendersi il merito, secondo gli esperti, della professionalità di un social media manager che fa bene il suo lavoro.
O del cambiamento del clima politico nel Paese, che, oggi come al tempo di Pericle, è arte del politico saper sfruttare e alimentare. Vero è che usare sempre il sentimento della rete per la comunicazione, esteso a tutti i partiti, a tutti i leader, potrebbe portare ad un clima di campagna elettorale permanente.
“È vero”, chiosa Cosenza, “Ma non è detto che debba essere usato solo per inasprire i toni. L’output di questi strumenti è quantitativo: sono dati, grafici, quello che se ne fa è scelta di chi poi gestisce la comunicazione sui social”. Ed è un lavoro umano, che al momento pare impossibile da sostituire. La tecnologia è uno strumento. Saperla usare, nel bene o nel male, è un merito che la trascende.