“La via maestra è riaprire il confronto con ArcelorMittal, tenendo conto che i 5 mila esuberi annunciati sono inaccettabili e che gli impegni contrattuali sottoscritti un anno fa vanno mantenuti. Bisogna discutere sulle mutate condizioni di mercato, affrontando i problemi con tutti gli strumenti disponibili”.
In un’intervista al Corriere della Sera, il viceministro dell’Economia Antonio Misiani sostiene anche che “dobbiamo negoziare e costringere ArcelorMittal a discutere, mettendo da parte le proposte non accettabili così come l’idea di disimpegno” non ritenendo che “i governi debbano farsi intimidire dalle multinazionali” mentre l’interesse nazionale è semmai quello di “portare a compimento il piano ambientale e industriale”.
Quanto a un coinvolgimento della Cassa Depositi e Prestiti, Misiani risponde che “è prematuro” parlarne e comunque “non è nel novero delle azioni in discussione” mentre sulla nazionalizzazione il numero due del Mef dichiara che “tecnicamente è poco fattibile e problematica sotto vari punti di vista”. Sull’immunità penale, Misiani osserva poi che “il Pd è a favore di una norma di carattere generale” ma che allo stato attuale “non ha senso discuterne prima della ripresa delle trattative”.
In un colloquio con Il Foglio il viceministro del Mef confessa invece che “sì, c’è stato un difetto di comunicazione quando nella maggioranza è scattato il gioco del distinguo e il riflesso condizionato di voler piantare le proprie bandierine” ma è anche vero che “avevamo pochissimo tempo – siamo in carica da inizio settembre – e un enorme problema da affrontare”.
Poi aggiunge una sua “personale suggestione” e cioè che “il bonus fiscale per gli investimenti ambientali potrebbe trovare la sua prima sperimentazione nella trattativa sull’Ilva”. Per esempio la defiscalizzazione della bonifica “potrebbe trovare spazio nel passaggio parlamentare”.
E alla domanda se sia più strategica l’Ilva o l’Alitalia, il viceministro Misiani risponde che “il Paese deve avere una forte presenza nazionale sia nella siderurgia sia nel trasporto aereo” e che ciò non significa affatto “un ritorno dello stato imprenditore” ma vuol dire “che se vogliamo che l’Italia mantenga la sua posizione invidiabile nella manifattura europea e mondiale, che l’anno passato ha prodotto 94 miliardi di surplus commerciale, oltre cinque punti di pil, la nostra industria deve essere presente nei settori strategici, nelle filiere tradizionali e in quelle più avanzate”.
Poi Misiani vira sulla politica interna e le alleanze: “Certo – dice –, per trasformare un accordo di governo in un’alleanza occorre che entrambe le parti ci credano”. “E oggi i 5 stelle sono gli azionisti, non di maggioranza relativa ma assoluta” aggiunge. Per poi concludere: “In qualche loro ministero vediamo un cambio di linea, con meno ideologia. Per fortuna, perché abbiamo 146 tavoli di crisi per i quali l’ideologia non serve a nulla. E perché dal 2020 e per i prossimi 15 anni abbiamo finanziato investimenti pubblici per 59 miliardi, per due terzi affidati agli enti locali. Altro che statalismo”.