Sono passati molti giorni dall'ultima volta e già questa è una notizia: Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni si rivedono dopo un lungo freddo per decidere cosa andare a dire a Sergio Mattarella quando, molto probabilmente a fine settimana, saliranno al Quirinale per il secondo giro di consultazioni.
La decisione di andare insieme al Colle ha più valenze: mossa tattica verso Luigi Di Maio, prova di forza verso il Presidente della Repubblica, escamotage per avere l'ultima parola tra i consultati in quanto forza più grande. Giovedì scorso i tre erano andata alle consultazioni divisi, e infatti avevano detto cose diverse sia al Capo dello Stato che alle telecamere.
Leggi sul Giornale: La mossa del centrodestra: i tre leader insieme al Colle
Ma al di là della scelta di salire uniti al Quirinale, le differenze restano, soprattutto su due fronti: il rapporto con i cinquestelle (più fredda Fi, più aperta la Lega) e sulla politica estera (euroscettico Salvini, euroconvinto Berlusconi). Ancora sabato il leader del Carroccio ha twittato: "Se l'Unione Europea chiederà ancora sacrifici, precarietà e tagli, la risposta del governo Salvini sarà no grazie. Prima il benessere degli italiani, poi le regole europee". Ben diversi i toni di Forza Italia. "Si conta se si è presenti 365 giorni l'anno e se si dice una cosa e poi si mantiene" ha spiegato Antonio Tajani, presidente del Parlamento europeo e in predicato di guidare il futuro di Fi.
Anche sull'ipotesi di ritorno al voto, Tajani frena:"L'Italia non ha bisogno di nuove elezioni ma di un governo serio, che duri nel tempo e non sia un governo balneare". Mentre Salvini è, o almeno appare, più disinvolto sull'argomento elezioni anticipate: "o nasce un governo serio, per ridare lavoro, sicurezza e speranza all’Italia, oppure si tornerà a votare, e noi stravinciamo".
Leggi sulla Stampa: Il centrodestra si ricompatta: andrà unito al Colle. Di Maio: Salvini dica se vuole il cambiamento
Ma al di là dei proclami qualcosa sotto il pelo dell'acqua si muove. Certo, la mossa del M5s di cercare di spaccare il centrodestra ha portato invece a un suo ricompattamento, ma è proprio dalla coalizione che cominciano ora a giungere toni più morbidi, nel merito, rispetto a pochi giorni fa. Tutti indicano il programma come cartina di tornasole di una possibile intesa con il M5s ed è noto che su quello sono già stati fatti molti passi di avvicinamento.
Ma soprattutto il clima in Fi, verso il M5s, è meno duro. Sempre Tajani afferma: "Non è questione di formule. Ai cittadini non interessa questo, ma la risoluzione dei problemi". E la capogruppo alla Camera di Fi, Mariastella Gelmini non chiude la porta in faccia a Di Maio: "noi non abbiamo assolutamente posto veti o preclusioni perché abbiamo rispetto degli italiani che purtroppo per noi hanno votato per il M5S ma non ci sono elettori di serie A ed elettori di serie B”.
https://t.co/ZFDMQsGepO Agli italiani interessa la soluzione dei problemi, non chi ricopre le poltrone. Leggi la mia intervista su @ilmessaggeroit
— Antonio Tajani (@Antonio_Tajani) 7 aprile 2018
Certo, nel partito di Berlusconi la disponibilità di Dario Franceschini a sedersi a un tavolo, dopo settimane di 'Aventino' dichiarato dal Pd, ha aperto la speranza di un dialogo possibile anche con i democratici. Ma qualcuno nota che anche da parte del M5s c'è stato un cambiamento fondamentale: da qualche giorno il tema della premiership di Luigi Di Maio non è più sul tappeto.
Questi e altri i temi al centro del nuovo vertice di Arcore, poi nuovi confronti con gli altri partiti e infine le consultazioni. Anche se tutti scommettono che servirà ancora un po' di tempo per giungere a un nuovo governo per il Paese.