Sette giorni. Sette giorni per mettere a fuoco lo stato di salute del governo. E tutte le sue opportunità di poter sopravvivere dopo il rovesciamento dei rapporti di forza nella maggioranza in seguito al voto del 26 maggio e le incognite dello scontro diretto con Bruxelles.
Il primo appuntamento è con il vertice a tre Salvini-Conte-Di Maio. Tuttavia, come si può leggere in un retroscena collocato in prima pagina su la Repubblica, sotto il titolo di apertura - “Conte e Tria: con l’Europa trattiamo noi” -, il summit a tre del premier con i suoi due vice “è ancora coperto dalle nebbie, se è vero che fino a ieri sera a Palazzo Chigi non hanno potuto confermare la convocazione per questa sera, complice la ‘volatilità’ dell’agenda dei due (Salvini riunito in via Bellerio coi suoi a lungo nel pomeriggio)”. Suspense.
“Ad ogni modo – si legge subito dopo – stasera o domani mattina, prima del Consiglio dei ministri, un punto dovranno farlo. E allora il capo del governo dirà come stanno le cose, come intende procedere e quali sono i rischi, dato che la conferenza stampa di lunedì scorso a quanto pare non ha sortito gli effetti sperati”. E che “il vertice non è ancora stato fissato” lo conferma anche La Stampa. “Ma è certo che “Giuseppe Conte, Luigi Di Maio e Matteo Salvini si vedranno tra stasera e, più probabilmente, domani mattina prima del Consiglio dei ministri”.
C’è, non c’è ma di sicuro ci sarà. E l’incontro dovrebbe servire a rilanciare il governo dopo la ritrovata sintonia tra i due vicepremier e il riconoscimento della nuova forza elettorale della Lega.
Tuttavia è in un colloquio con Massimo Franco sull’edizione cartacea del Corriere della Sera che il presidente del Consiglio fa il punto in vista dell’incontro à trois, lanciando un monito: “Attenzione a sfidare la Commissione europea sulla procedura di infrazione per debito eccessivo. Se viene aperta davvero, farà male all’Italia. Non è tanto e solo questione di multa. Ci assoggetterà a controlli e verifiche per anni. Con il risultato di comprometter e la nostra sovranità in campo economico”.
Per il premier il risultato sarebbe “una bella eterogenesi dei fini” per un governo “che è geloso custode dell’interesse nazionale”. Con il rischio di compromettere i risparmi degli italiani. E il premier non esclude che un solo vertice possa bastare. “Forse ne sarà necessario un altro, o altri due” chiosa il giornalista. Ma nelle parole del premier affiora il solito incubo: il rischio di elezioni. Così dichiara al suo interlocutore: “Confido che la mia conferenza sia stata vissuta in modo costruttivo... Non vorrei che una Lega forte del risultato della consultazione europea si lasciasse prendere da prospettive di predominio, e assumesse via via atteggiamenti sempre più strumentali” aggiunge. Perché, ammonisce, “la composizione del nostro Parlamento non è cambiata. Se la Lega aspira a capitalizzare un consenso politico in un sistema fondato sulla democrazia parlamentare come il nostro, non può che passare da elezioni politiche. Insomma deve assumersi la responsabilità di chiedere nuove elezioni politiche e poi vincerle. Le Europee hanno una logica e prospettive diverse...”. È sempre lo stesso refrain, che “in realtà fotografa una confusione strategica della maggioranza” sottolinea Massimo Franco.
Secondo la ricostruzione che fa Il Messaggero della vigilia del summit a Palazzo Chigi con Salvini e Di Maio, “Conte vuole vederci chiaro sulle intenzioni dei due leader di andare avanti”. Tanto che il titolo esplicita il nuovo aut-aut del premier ai suoi duo vice: “Dialogo con la Ue o lascio”. Anzi, ”rischiamo di andarcene tutti a casa. Di certo me ne vado io. Devo poter condurre insieme al ministro dell’Economia, Giovanni Tria, il negoziato senza distonie e cacofonie” dice con più precisione al Corriere.
Per Il Fatto, però, “l’offensiva dei due vicepremier serve a tenere alto lo scontro con il premier continuando ad agitare i rapporti interni anche per fare pressioni sull’altra partita delle nomine europee con i due vicepremier decisi a indicare come commissario italiano una figura politica”. Che però non si rispecchia nel nome papabile che circola in queste ore: il ministro degli Affari Esteri e Cooperazione Internazionale Enzo Moavero. “Un europeista di lungo corso e ‘gran ricucitore’ che, a Mezz’ora in più (Rai3), senza dirlo esplicitamente, ha fatto intendere di essere ben disposto al nuovo incarico”.
Ritorna così il tema del rimpasto. “I Cinque Stelle puntano ad affidare l’Economia a un leghista, per esempio Giancarlo Giorgetti, al posto dell’odiato Tria, e a mettere sul piatto qualche altro ministero ‘tecnico’ (oltre ai Rapporti con l’Ue lasciati vacanti da Savona, già in quota Lega), per non sacrificare troppo sul piano dei contenuti. Ma Salvini non ha ancora scoperto le sue carte, anche se tra i ministeri in discussione ci sono la Sanità e i Trasporti, dossier nel mirino dei leghisti”, scrive ancora Il Fatto..
Ma di tempo per decidere non ce n’è molto. Sette giorni. O anche meno.