Ore cruciali per le trattative di governo tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Anche se il dialogo si fa più complicato sul nome del premier che dovrebbe guidare un esecutivo M5s-Lega.
Semba tramontato il nome del leghista Giancarlo Giorgetti: secondo i 5 stelle a stopparlo sarebbe stato lo stesso leader del Carroccio Salvini, mentre in ambienti leghisti si accusa Di Maio di aver 'bruciato' il nome del fidatissimo di Salvini.
Fine dei veti?
Torna sul tavolo l'ipotesi della premiership dello stesso Di Maio. Ripensamento, così spiega qualcuno in ambienti M5s, che sarebbe consequenziale al fatto che adesso sarebbe caduto anche il veto su Forza Italia. Per la prima volta Di Maio ha sostenuto chiaramente che "non c'è un veto su Berlusconi, ma la volontà di dialogare con la Lega" e che "se dovessi fare una graduatoria delle responsabilità di questo blocco e del ritorno al voto - ha aggiunto ancora Di Maio - in cima c'è sicuramente Salvini che ha scelto Berlusconi invece del cambiamento, poi Renzi che ha ingannato il suo partito e l'opinione pubblica, poi c'è Martina che si è piegato a Renzi, e in fondo c'è Berlusconi".
Insomma, parole eloquenti che smussano le posizioni fin qui tenute rispetto al Cavaliere. Ma dai vertici pentastellati tengono a precisare che i veti non sono caduti e che nel corso dell'incontro tra Di Maio e Salvini a Montecitorio, non si sarebbe parlato affatto di premiership nè di caselle dei ministri. Ma che il leader del Carroccio avrebbe solo chiesto più tempo per ottenere il famoso passo indietro o di lato di Berlusconi per poter dar vita al governo giallo-verde.
Tavolo al via
Un faccia a faccia, spiegano ancora dai piani alti M5s, nel quale si sarebbe solo impostato un metodo: "siamo al primo step" sottolineano, "prima i temi e le cose da fare, poi si parlerà del resto". In ogni caso tutti sarebbero d'accordo sul fatto che debba essere un premier politico e non un tecnico, un parlamentare eletto; quindi che sia espressione o della Lega, come i più in ambienti parlamentari danno per sicuro, o del Movimento, e in questo caso l'unica opzione resterebbe quella di Di Maio. E qui si gioca tutta la partita.
Ma l'alleanza di centrodestra resta in piedi
In tutto ciò, Salvini dopo l'incontro con Di Maio ha sentito Berlusconi al quale ha garantito che "non romperà l'alleanza di centrodestra", come poi ha detto anche a favore di telecamere. Da parte leghista c'è attesa per una presa di posizione ufficiale del Cavaliere, dopo quello che viene considerato un via libera di massima dei gruppi parlamentari di Forza Italia. Nel partito non si esclude alcuna ipotesi, tanto che lo stesso Salvini, dopo averli informati sull'ulteriore tempo di "riflessione" chiesto a Sergio Mattarella, ha detto ai suoi parlamentari di non prenotare le vacanze e di tenersi liberi per un eventuale voto ("C'è un 50% di possibilità di accordo e un 50% che si voti", prevede un parlamentare vicino al segretario).
Il totoministri
- Giustizia: Giulia Bongiorno o Nicola Molteni
- Difesa: Lorenzo Fontana
- Economia: Giancarlo Giorgetti
Fonti di via Bellerio, riferiscono tutte le perplessità del partito sull'ipotesi di indicare un leghista a Palazzo Chigi. "Questa eventualità comporterebbe de facto alla rinuncia della maggior parte dei ministeri chiave a favore dei 5 stelle, con la conseguenza di mettere a rischio la 'faccia' di un 'nostro' uomo per un governo 'non nostro'", dice una fonte. Sul nome del premier - si sottolinea da più parti in casa Lega - chiaramente deve esserci un'interlocuzione preventiva con il Quirinale ma deve andare bene a chi, eventualmente, si astiene: ovvero a Berlusconi. E proprio il Cavaliere avrebbe opposto il suo 'niet' a Di Maio premier.
Sul fronte leghista, i nomi dei possibili ministri sono sempre gli stessi: Nicola Molteni o Giulia Bongiorno alla Giustizia, Lorenzo Fontana alla Difesa e il 'sempreverde' Giorgetti all'Economia. Nell'ambito della coalizione di centrodestra, infine, da parte di Fratelli d'Italia fa fede la nota ufficiale in cui Giorgia Meloni ha ribadito la linea di chiedere l'incarico per il centrodestra. Ma, in un momento di grande confusione, si registrano molti malumori nel gruppo parlamentare e rimangono aperte tutte le ipotesi tra cui, al momento, non si esclude neanche la scelta di stare all'opposizione a un governo M5s-Lega.
Cautela grillina
Anche se il deputato M5s Stefano Buffagni, fedelissimo di Di Maio, dice prudente: "Vedo eccitazioni ingiustificate..." e qualcun altro aggiunge: "non dire gatto se non ce l'hai nel sacco". Ma quasi tutti i 5 stelle tradiscono un evidente sollievo per la possibilità che si possa scongiurare il rischio di tornare alle urne a luglio: perché, racconta qualcuno, "sarà difficile spiegare perché non siamo riusciti a far partire un governo. E poi a luglio già perdiamo il 20% di elettori, quelli che saranno in vacanza...".
Timori da ferie e da astensionismo. Ma c'è chi invece, tra i pentastellati, preferirebbe tornare al voto perché vede un margine di rischio notevole in un governo con la Lega: "Bisognerà scendere a compromessi, non sarà facile, e così perderemo consenso. Saraàla nostra rovina se non facciamo le cose giuste".
Perché su tutti i ragionamenti aleggia quel 'conflitto di interessi' che Di Maio aveva rilanciato quando si era aperto il 'forno' con il Pd e che ora potrebbe tornare nel cassetto. I timori non mancano su quali provvedimenti potrebbe varare un governo M5s-Lega dove Berlusconi, pur in una posizione di 'opposizione benevola', potrebbe influenzare certe tematiche; vedi anche la legge anti corruzione, altro punto che era stato inserito nell'elenco delle priorità da Di Maio.