“Stiamo assistendo a un trasformismo acrobatico. Capisco che in un sistema proporzionale ogni alleanza è legittima. Però mi domando: quanto sono credibili i programmi di forze politiche che cambiano così facilmente le loro idee, e che danno l’impressione che non ci siano né valori fondanti, né limiti?”.
Ferruccio De Bortoli, giornalista, ex direttore di Corriere della Sera e Sole 24 Ore, commenta con AGI la possibile nascita di un esecutivo tra M5s e Pd. “Penso che dare un governo al Paese sia necessario per scongiurare l’ipotesi di elezioni anticipate, però c’è un limite anche alla dignità dei contendenti, e al senso del ridicolo”. Un giudizio “critico” nei confronti della “forzatura programmatica del nascente governo giallorosso”, come altrettanto “critico” era quello nei confronti del governo gialloverde, naufragato con la crisi di metà agosto.
Durante il primo anno di governo M5s-Lega, De Bortoli ha lavorato a un libro pubblicato a maggio da Garzanti: “Ci salveremo. Appunti per una riscossa civica” (pp. 173, 16 euro), dove ha raccontato di un’Italia diversa da quella che sembrava aver ceduto al rancore e all’insicurezza. Un libro scritto per richiamare l’attenzione alle “tante qualità del capitale sociale italiano, di cui probabilmente non abbiamo esatta contezza”.
All’Italia incattivita dei social, De Bortoli ha voluto contrapporre l’Italia solidale del terzo settore: “Spesso ci descriviamo come un Paese diventato rancoroso e sospettoso degli altri, degli immigrati”, spiega De Bortoli. “Ma se andiamo a guardare nel profondo delle comunità civili vediamo che ci sono diffuse forme di integrazione. L’Italia ha un patrimonio di solidarietà attiva superiore a quello di altri paesi. Il terzo settore italiano, laico e cattolico, da nord a sud, coinvolge sei milioni di persone e più di 300 mila associazioni. È come se ci fossero due ‘Italie’: quella nazionale, che mostra la faccia severa e rancorosa, e quella locale, che dedica il proprio tempo agli altri, che integra e allarga le braccia”. Qualità diffuse nel Paese ma silenziose, dalle quali, spiega De Bortoli, “potrebbe nascere la pianta di una nuova cittadinanza, di responsabilità nei confronti degli altri e di rispetto del bene comune e delle regole”.
Ma come è possibile che ci sia così tanta differenza tra il volto che l’Italia sembra mostrare a livello nazionale e quello dei protagonisti delle storie raccontate da De Bortoli nel suo libro? “È come se a livello nazionale l’Italia non abbia ancora trovato la cifra di una cittadinanza”, spiega, “e questo credo derivi da una falsa rappresentazione dei problemi che ci riguardano. Consideriamo problemi l’immigrazione, o la sicurezza, quando non è vero che l’immigrazione toglie posti di lavoro agli italiani, ed è vero invece che siamo tra i Paesi più sicuri al mondo”. E mentre si inseguono i ‘falsi problemi’ “non è stato ancora fatto fino in fondo un discorso di verità sulle reali condizioni della nostra economia e della nostra società. Non sono mai state una vera emergenza l’educazione, i giovani che lasciano il Paese, il basso tasso di natalità o la scarsa digitalizzazione”.
Per farlo serve anche il contributo dei mezzi di informazione: “Dobbiamo riportarci all’idea che il buon giornalismo fa in modo che anche il discorso pubblico e privato sia di qualità. Dovrebbe evitare che ci sia questo inaccettabile degrado del linguaggio e questa perdita di rispetto nei confronti del prossimo. Il tema della qualità della cittadinanza dipende molto dal modo attraverso il quale un cittadino viene informato”.
De Bortoli cita Luigi Einaudi, secondo Presidente della Repubblica e collaboratore del Corriere, secondo il quale “una buona informazione fa si che arrivino degli ingredienti essenziali e non avariati al pubblico”. E questo fa in modo che ogni cittadino possa fare il proprio esercizio democratico “che non è solo votare, ma anche essere cittadini consapevoli ogni giorno. Una buona informazione preserva il pensiero critico. Una cattiva informazione fa sì che il cittadino scivoli a livello tribale e si senta più che altro un contendente della società, senza l’obbligo di sentirsi legato a regole e doveri”.