Lunedì si riuniranno le Conferenze dei capigruppo di Camera e Senato per decidere il timing delle votazioni sulla fiducia al governo Conte.
L'ipotesi al momento più attendibile è che il Senato voti la fiducia nella giornata di martedì mentre l'indomani, mercoledì 6, toccherà alla Camera.
Al Senato, primo vero banco di prova, il nuovo governo può contare, numeri alla mano, su 167 voti certi, 6 in più rispetto alla maggioranza assoluta: i 58 senatori della Lega e i 109 del Movimento 5 stelle.
La conta dei nemici e degli alleati
A questi, però, si dovrebbero aggiungere almeno altri 4 voti, facendo salire la maggioranza a quota 171, sempre che le dichiarazioni a favore fatte in occasione del giro di consultazioni svolte da Conte - allora premier incaricato - da parte di due ex grillini e due esponenti del Maie, venissero confermate martedì.
Numeri che potrebbero crescere ulteriormente, e arrivare a 174-175 Sì, qualora anche il gruppo delle Autonomie a Palazzo Madama, che aveva lasciato aperto un canale con il professore di diritto, dovesse optare per il voto favorevole alla fiducia.
Cosa farà la Meloni
Di diverso, rispetto alle previsioni iniziali, c'è anche l'astensione del gruppo di Fratelli d'Italia, che conta 18 senatori. Orientato verso il no alla fiducia, il partito di Giorgia Meloni, dopo i contatti di ieri, ha invece cambiato linea e ha annunciato l'astensione.
Quindi, i voti contrari dovrebbero essere 61 di Forza Italia; 52 del Pd e quelli di alcune componenti del gruppo Misto.
Dunque, se lo scenario fosse confermato, il governo Conte a palazzo Madama avrebbe almeno 10 voti di margine rispetto alla maggioranza assoluta grazie appunto a due ex grillini, Maurizio Buccarella e Carlo Martelli, e i 2 voti dei senatori eletti all'estero e aderenti al Maie, Ricardo Antonio Merlo e Adriano Cario.
Alla Camera, invece, dove il voto di fiducia dovrebbe svolgersi nella giornata di mercoledì, l'esecutivo giallo-blu ha una maggioranza schiacciante, con 346 voti (222 deputati M5s e 124 leghisti). Quindi, 30 voti di scarto rispetto alla maggioranza assoluta di 316.
Anche qui i voti a favore potrebbero aumentare, sempre grazie ad alcuni deputati ex M5s e alcune componenti del gruppo Misto. FdI - come al Senato - dovrebbe astenersi, mentre Forza Italia, Leu e Pd dovrebbero votare contro.
Come andò ai predecessori
Tornando indietro nel tempo, il governo Renzi incassò nel febbraio del 2014 169 sì alla prima fiducia a palazzo Madama, contro 139 no. Stessi numeri a favore per Paolo Gentiloni nel dicembre del 2016 (169 sì).
Enrico Letta, sempre al Senato, poteva contare invece su un'ampia maggioranza bipartisan che nel settembre del 2013 votò la fiducia con 235 sì.
Andando ancora più indietro nel tempo, il record più basso di voti favorevoli al Senato lo detiene il primo governo Berlusconi: nel maggio del 1994 il primo esecutivo guidato dal Cavaliere incassò 159 si' contro 153 no.
Più alti i numeri, sempre al Senato, degli governi che si sono succeduti dopo Tangentopoli nella seconda Repubblica: il primo governo Prodi nel '96 ottenne 173 sì contro 139 no; il secondo Berlusconi nel 2001 si assicurò la fiducia a palazzo Madama con 175 sì contro 133 no.
Il terzo governo Berlusconi nel 2005 ottene 170 sì (117 i voti contrari). Il secondo governo Prodi si fermò a quota 165, contro 155 no e fu sfiduciato sempre al Senato nel gennaio del 2008 con soli 156 voti a favore a fronte di 161 voti contrari e un astenuto (che allora valeva come voto contrario).
Infine, il quarto governo Berlusconi ottenne 173 sì contro 137 no e il governo Monti, nel novembre del 2011 - anche in questo caso era un esecutivo di larghe intese, come il governo Letta - incassò 281 voti a favore.