Ma quanto conta davvero oggi Conte? Il premier si ritiene a tutti gli effetti ancora “il garante del rispetto e dell’attuazione del contratto”. Ma è davvero così dopo il ribaltone elettorale? Eppure, “il primo a sostenere che il governo va avanti solo se mantiene gli impegni è il sottoscritto - dice in serata mentre sta per lasciare Bruxelles, dove ha partecipato al vertice informale dei capi di Stato e di governo dopo il voto - Ed è bene che l’azione di rilancio del governo dopo una campagna così accesa e intensa passi attraverso un confronto politico serio e approfondito. Anche se dovesse prenderci qualche giorno” si legge in una cronaca su la Repubblica in edicola.
Ma sembra una dichiarazione da Alice nel Paese delle Meraviglie, pronunciata da chi non si renda ben conto in quale campo minato si trovi. “Per ore – si legge ancora sulle pagine de la Repubblica – sembra quasi che il segretario leghista abbia deciso di accorciare l’agonia di un governo già boccheggiante. Il ministro torna sul tetto del Viminale per un video-proclama Facebook, come se la campagna elettorale non fosse mai finita".
"Annuncia un pacchetto di misure con flat tax e taglio delle tasse da 30 miliardi di euro. All’Europa che sta per recapitare la ‘letterina’ sui conti in disordine manda a dire che il governo i parametri d’ora in poi li ignorerà. Quindi, rilancia sulla Tav. Mentre il suo capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo, annuncia che anche in caso di condanna, domani, il loro sottosegretario Edoardo Rixi ‘resterà al suo posto’”. E questo è subito un vecchio-nuovo terreno di scontro tra gli alleati. Un’offensiva, che il quotidiano di Largo Fochetti titola così: “Tra Salvini e Conte è sfida aperta”. Ma non è il solo a parlarne.
Già, perché questo è un altro capitolo del dopo elezioni. Della sconfitta dei 5 Stelle e della vittoria della Lega. E nella sfida con Salvini, però, “Il premier non vuole fare l’ostaggio” titola il Corriere della Sera, dove si può leggere che “nell’ottica di una Lega trionfante”, i ruoli formali tra Salvini e Conte “sono già superati da quelli di fatto”.
Probabilmente si rivedranno per la prima volta oggi dopo il terremoto elettorale che ha lasciato senza fiato i 5 Stelle. Perché “l’incognita”, scrive Massimo Franco in un Primo piano sul Governo, “è se l’’avvocato del popolo’ accetterà la sindrome dell’ostaggio pronto a tutto per assecondare chi lo tiene prigioniero; e quanto il leader leghista forzerà per umiliare il Movimento Cinque Stelle, mettendo nel conto il voto anticipato”. Così dopo il 26, di colpo, la poltrona del premier “che sembrava al sicuro è tornata scalabile”. “Anzi – aggiunge Franco - teoricamente già ‘scalata’ da un leader leghista che, umiliando Di Maio, ha messo nell’angolo lo stesso Conte”.
Il caso Rixi momento della verità
La verifica del ruolo di Conte saranno il “caso Rixi” e la sua eventuale permanenza al governo se il sottosegretario verrà condannato oltre alla questione alta velocità Torino-Lione: “Di Maio ha già detto che questi dossier sono nelle mani del premier, non nelle sue. Significa che il capo del governo dovrebbe rassegnarsi a essere non più l’arbitro chiamato a moderar e la Lega, ma a assecondarne lo strapotere” chiosa il giornalista.
E mentre Il Giornale lo definisce già “un premier fantasma” ostaggio delle liti tra due partiti e anche tra quelle dentro il Movimento 5Stelle, La Stampa racconta che addirittura il presidente del Consiglio detta le condizioni: “Piena fiducia da Salvini o sarà crisi”. Insomma, Conte non ci sta a fare il vaso di coccio tra due vasi di ferro Lega-M5S. Ma è nelle condizioni di non esserlo? E nel suo corsivo quotidiano sulle stesse colonne, Jena ironizza: “Quando cadrà questo governo, nessuno si ricorderà di telefonare a Conte”.
"Li lascio sfogare qualche giorno, ma poi..."
Eppure su Il Fatto Quotidiano si può leggere questo virgolettato, attribuito al premier: “Li lascio sfogare qualche giorno, ma poi li convoco tutti e due e ci mettiamo attorno a un tavolo: o ci sono le condizioni per andare avanti o lasciamo perdere, io non resto qui a ogni costo, un lavoro a cui tornare ce l’ho”. Certo, il poter tornare a fare il professore all’università o a esercitare la libera professione di avvocato è un vantaggio e una libertà che ad esempio il vicepremier Di Maio non ha.
Pertanto “Conte non intende prestarsi a questo schema, cioè vedere Salvini che gioca a fare il vero capo del governo, nascondendo gli intenti egemonici dietro dichiarazioni di circostanza come “Conte ha la mia piena fiducia”. Mentre invece il vicepremier leghista e ministro dell’Interno “ne approfitta per dettare a siti web e social l’agenda di un governo immaginario, una lunga lista di provvedimenti incompatibili con l’attuale maggioranza parlamentare e con il contratto Lega-M5S: Tav, decreto Sicurezza-bis, una flat tax da 30 miliardi...”.
Per questo il premier ha bisogno di quella che nella Seconda Repubblica si sarebbe chiamata una “verifica” di governo. Ristretta ai due vicepremier. Di Maio e Salvini, nella stessa stanza, “magari con il contratto di governo sul tavolo, per definire insieme una lista di priorità su cui c’è un accordo e un’altra di temi su cui va cercato un compromesso”.
Così, se quello di Salvini è un bluff e la Lega vuole soltanto andare a votare provocando la rottura, si capirà, spiega il quotidiano diretto da Travaglio. E la Repubblica dedica invece un editoriale al “Conte solitario” per sottolineare che “il totale isolamento del premier Conte, ieri al vertice di Bruxelles sulle nomine europee, dà la misura di quanto l’anomalia italiana sia sempre più un elemento penalizzante per il Paese e per le sue ambizioni”.