Quando giovedì i leader dei partiti entreranno al Quirinale per il secondo giro di consultazioni, sapranno che le porte del palazzo non si apriranno per loro una terza volta, se non diranno al Presidente della Repubblica parole nuove rispetto a quelle dette la scorsa settimana.
Stando a quanto riferito da chi frequenta assiduamente il Colle, infatti, il capo dello Stato non farà un terzo giro di consultazioni per sentirsi snocciolare di nuovo la serie di veti e controveti già ampiamente spiegati in questi giorni dai partiti.
E altrettanto improbabile pare l'idea di un preincarico al termine di un secondo giro di colloqui andato a vuoto. C'è però da registrare che a due giorni dall'avvio del secondo giro di consultazioni già tutti pensano a cosa succederebbe in caso di un nuovo nulla di fatto e lo scenario di un governo del presidente è preso seriamente in considerazione dai partiti.
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Non altrettanto dal diretto interessato, e cioè il presidente della Repubblica. Che prima di arrivare a un esito così estremo, vuole verificare tutti i passaggi intermedi, nella speranza che le forze politiche rispondano positivamente all'appello alla responsabilità lanciato al termine del primo giro di consultazioni. Innanzitutto, dunque, Sergio Mattarella vuole che i leader salgano di nuovo al Colle per spiegargli se davvero non hanno fatto passi avanti sulla strada del dialogo e perchè. Nonostante le dichiarazioni roboanti, infatti, timidi segnali di entente cordiale tra Lega e M5s ci sono, a cominciare dal terreno parlamentare.
Se invece non si dovesse registrare nessun cambiamento nel clima di veti reciproci che ha animato queste settimane, il Presidente più probabilmente farebbe un nuovo e più esplicito appello ai partiti. Certo, il Capo dello Stato sa che Lega e M5s attendono le elezioni regionali di Friuli Venezia Giulia e Molise, ma farà capire che il governo del Paese non può attendere ogni consultazione amministrativa.
Di certo sarebbe assai difficile che il presidente convocasse un terzo giro di consultazioni. La cosa più probabile sarebbe, dopo un appello alla responsabilità, l'indicazione ai partiti di rifarsi vivi solo in caso di novità. Senza le quali, dopo pochi giorni, potrebbe assumere lui stesso una iniziativa. Iniziativa che però non è ancora stata delineata perchè dipenderebbe dalla situazione che si verrebbe a trovare davanti.
C'è chi si attende un preincarico, altri ipotizzano un incarico a un nome istituzionale per un governo che vada alle Camere e cerchi in aula i voti. Mattarella non corre così tanto, di certo non manderà un premier allo sbaraglio come primo tentativo, semmai cercherà di capire se esiste la possibilità che Matteo Salvini o Luigi Di Maio accettino un preincarico, ma l'impressione è che opporrebbero un rifiuto visto che temono di essere bruciati.
Si fa strada quindi, se lo stallo proseguisse ancora a lungo, l'idea di un preincarico a una figura istituzionale, che sondi il terreno, dia tempo ai partiti di proseguire il confronto e poi riferisca al Colle. Di certo, prima dell'estate, in particolare prima del vertice europeo di fine giugno, ci sarà un tentativo concreto di dare un governo al Paese. Sapendo però che il rischio è che tale tentativo non vada a buon fine, ipotesi che viene considerata il 'worst case' in assoluto. Ma tutte queste ipotesi sono assai futuribili. Il primo passaggio da celebrare, fino in fondo, per Mattarella è il secondo giro di consultazioni. Solo dalla prossima settimana si valuteranno le conseguenze di un eventuale nuovo giro a vuoto dei leader al Quirinale.