"Il governo non potrà non tener conto della relazione del Copasir sui rischi della tecnologia 5g in tema di sicurezza nazionale". Lo dice il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, a proposito del parere dell'organo parlamentare che vigila sull'operato dei servizi segreti, il quale ritiene "fondate" le preoccupazioni che aprire alle aziende cinesi lo sviluppo della rete 5G italiana possa comportare rischi per la sicurezza, tanto da suggerirne l'esclusione. "Accuse motivate da ragioni geopolitiche", replica Huawei, che chiede di "dimostrare le accuse mosse all'azienda".
"Valutare l'ipotesi dell'esclusione"
"Il Comitato non può che ritenere in gran parte fondate le preoccupazioni circa l'ingresso delle aziende cinesi nelle attività di installazione, configurazione e mantenimento delle infrastrutture delle reti 5G. Conseguentemente, oltre a ritenere necessario un innalzamento degli standard di sicurezza idonei per accedere alla implementazione di tali infrastrutture, rileva che si dovrebbe valutare anche l'ipotesi, ove necessario per tutelare la sicurezza nazionale, di escludere le predette aziende dalla attività di fornitura di tecnologia per le reti 5G, si legge nella relazione del Copasir sulla protezione cibernetica e sulla sicurezza informatica "a tutela dei cittadini, delle istituzioni, delle infrastrutture critiche e delle imprese di interesse strategico nazionale", approvata l'11 dicembre, con Elio Vito di Forza Italia presidente, e trasmessa alle Camere.
"Appare certamente difficile, in una realtà caratterizzata dalle leggi del mercato e della libera concorrenza, prevedere interventi autoritativi che potrebbero mettere a rischio la stessa realizzabilità di progetti ritenuti essenziali per lo sviluppo delle nuove tecnologie", continua la relazione ricordando il caso statunitense con l'entrata in vigore del divieto per Huawei rinviato più volte (da ultimo, l'entrata in vigore del divieto è stata prorogata al febbraio 2020). "Per queste medesime ragioni - rileva il Copasir - né gli organi della Ue, né i principali Paesi europei hanno finora adottato provvedimenti di divieto o limitazione alle attività degli operatori cinesi, pur nella consapevolezza dei possibili rischi che potrebbero derivarne".
Huawei: "Fino ad ora non sono state fornite prove"
Accuse "motivate puramente da ragioni geopolitiche", replica Huawei, sottolineando che "in 30 anni di storia dell’azienda nel settore ICT, non si sono verificati incidenti relativi alla sicurezza delle reti". "Huawei ha sempre sottolineato che il dibattito sulla cyber security dovrebbe essere basato sui fatti e ha chiesto di dimostrare le accuse mosse all’azienda. Fino ad ora non sono state fornite prove", si legge nella nota dell'azienda cinese, "Huawei è una società privata al 100% e Huawei Italia si attiene alla legge italiana. Nessuna legge cinese impone alle società private cinesi di impegnarsi in attività di cyber-spionaggio".
"A causa della natura globale della catena di approvvigionamento, escludere un’azienda in base a dove si trova il suo quartier generale, non garantisce maggiore sicurezza alle infrastrutture", aggiunge Huawei, affermando di "comprendere le preoccupazioni dei regolatori europei e italiani sulla sicurezza informatica" e dicendosi "aperta a collaborare con tutte le entità governative e fornire tutte le garanzie necessarie per consentire agli operatori di implementare rapidamente le reti 5G".