“Credo che una fuoriuscita di Matteo Renzi dal Pd, se l’alleanza col M5s si strutturasse meglio, sarebbe nelle cose”. Lo sostiene Federico Fornaro, capogruppo di LeU alla Camera dei deputati in un colloquio con Il Foglio.
Secondo Fornaro l’uscita di Renzi è tracciata “un po’ perché lui non sa e non può fare il secondo di nessuno e un po’ perché lui appartiene a una storia che non è certo assimilabile a quella della sinistra”. Per il deputato della sinistra alla sinistra del Pd, la cultura che esprime l’ex premier ed ex segretario del Pd è infatti “di tipo liberal-democratico, più affine a una forza di centro moderno e riformista”, cosicché se alla fine propendesse per la scelta della rottura con il Pd per dar vita ad una nova “cosa”, questa fuoriuscita “non sarebbe una manovra di trasformismo, ma un’operazione che avrebbe una sua coerenza, una sua dignità”.
Ma quali effetti potrebbe avere sul governo giallorosso? Sarebbe una rottura indolore o potrebbe avere delle conseguenze traumatiche? Al quesito Fornaro risponde che “in teoria, potrebbe perfino allargare il perimetro della maggioranza coinvolgendo nel suo progetto anche parlamentari altre forze moderate”. La qual cosa, peraltro, consentirebbe a Renzi – sempre secondo il punto di vista del capogruppo LeU a Montecitorio – “di conseguire il suo vero obiettivo” che è quello di potersi sedere “al tavolo delle trattative per le elezioni del presidente della Repubblica, nel 2022, in una posizione autorevole”. In punto, però, “è capire quanto ci si può fidare” di Renzi e di sapere se uno come lui “sarebbe in grado di fare il bravo”. Tanto più che “costruire dal nulla un partito, senza finanziamenti pubblici, non è facile”, dice il deputato piemontese.
Ma una cosa è certa: "tra tre anni la geografia politica italiana risulterà radicalmente cambiata” anche perché “c’è chi, come Dario Franceschini, vede in questo nuovo governo non una soluzione di emergenza, ma l’embrione di un nuovo centrosinistra organico”. Che, oltre a favorire l’uscita di Renzi dal Pd potrebbe anche agevolare il riavvicinamento al Pd dello stesso Fornaro, che si riconosce molto nelle posizioni di Pierluigi Bersani. E nel frattempo? “Il modo in cui il M5s si è lasciato manipolare dalla Lega – ragiona Fornaro – dimostra la loro identità malleabile. Ma appunto per questo sarebbe un errore respingerli a priori”, chiosa. Quindi meglio allearsi, già da questa tornata elettorale? chiede Il Foglio. Risposta: “È difficile in tempi così brevi, ma vediamo”.