Non ha ancora messo piede nello storico palazzone di viale Trastevere nella sua qualità di neotitolare del dicastero (era però il viceministro di Bussetti) e Lorenzo Fioramonti pone già le sue condizioni: “Ci vogliono investimenti subito, nella legge di Bilancio: due miliardi per la scuola e uno almeno per l’università. Lo dico da ora: se non ci saranno, mi dimetto” dice in un’intervista al Corriere della Sera per l’edizione in edicola.
Tre miliardi, ma dove si possono reperire? Premesso che “non voglio togliere soldi a nessuno”, Fioramonti un’idea però ce l’ha: “Vorrei delle tasse di scopo: per esempio sulle bibite gasate e sulle merendine o tasse sui voli aerei che inquinano”. Ovvero? L’idea è, spiega il neoministro che oggi giura al Quirinale con tutti gli altri colleghi di governo, che se “faccio un’attività che inquina (volare), ho un sistema di alimentazione sbagliato, metto una piccola tassa e con questa finanzio attività utili, la scuola e stili di vita sani”.
Tuttavia il ministro sembra voler correre: “Non c’è tempo da perdere, per cambiare servono fondi – dice al quotidiano milanese -, siamo uno dei Paesi europei che spende di meno per la scuola. Non possiamo continuare ad avere ricercatori precari di 45 anni, o professori non di ruolo che cambiano ogni due mesi. Ci vuole prospettiva e continuità”.
Tra gli altri obiettivi c’è poi quello di avviare l’anno scolastico “senza troppe criticità” e “mettere mano subito al decreto salva-precari” già pronto e sottrarre gli insegnanti dalla dipendenza delle Regioni come pensava e voleva il suo predecessore Bussetti: “Non se ne parla. La scuola è un bene nazionale e l’autonomia c’è già”.
Nell’intervista a la Repubblica, Fioramonti segnala altre criticità della scuola, come “l’insicurezza di troppi edifici, la carta igienica portata da casa, il costo dei libri. E le classi pollaio. In Italia si arriva a trenta alunni in aula, in Germania mai oltre ventuno”. Lui però fa la spola con la Germania, dove a Berlino vive la famiglia e studiano i figli. Sfiducia nel sistema italiano? No, dice, e spiega: “Credo nella scuola italiana, i suoi studenti sono ancora molto capaci e i suoi docenti eroi civili. Tutti i giorni sono chiamati a occuparsi di un sistema di una complessità intimorente. A volte non hanno la struttura adatta, sicuramente sono sottopagati. Maestri e professori devono tornare a essere persone riverite”.
Sempre al quotidiano romano di Largo Fochetti, Foramonti dice inoltre che “la scuola italiana è troppo competitiva” e i ragazzi italiani “stanno perdendo l’idea dello studio collettivo, della condivisione”, quindi “una didattica nuova, con più lingue e la storia non vista come una successione di guerre”. Quindi il neoministro chiede di “abrogare” la legge che chiede le impronte digitali per i presidi all’ingresso degli istituti. Conferma la sua fiducia nei test Invalsi, ma “più leggeri e moderni”. E la Maturità? Parola di neoministro: “Per cinque anni non si tocca”. E poi più fondi “o mi dimetto”, ribadisce.