Uniti, divisi o desistenti? Mentre ancora non si sa se e quando andremo al voto anticipato, già i partiti si preparano a rispondere al prossimo interrogativo: se sia meglio presentarsi al voto in uno schieramento che unisca più partiti, in solitaria con il proprio partito o utilizzando un meccanismo nato con il Mattarellum (la legge elettorale uninominale in vigore per le elezioni dal '94 al 2001) e cioè la desistenza. Il politologo Salvatore Vassallo, che insegna Scienza politica e analisi dell'opinione pubblica all'Università di Bologna, spiega però che con il Rosatellum (la legge elettorale inaugurata nel 2018) la desistenza "non è conveniente".
La desistenza fu usata nel 1996 dalla coalizione dell'Ulivo e da Rifondazione: in 45 collegi uninominali sicuri l'Ulivo non presentò suoi candidati e lasciò quindi vincere i candidati di Rifondazione, con la quale aveva intenzione di allearsi dopo le elezioni. La desistenza portò al successo e Romano Prodi divenne premier.
Vassallo spiega però che la desistenza era possibile "perché alla Camera con il Mattarellum il voto per la quota proporzionale era disgiunto da quello uninominale. L'elettore poteva dare il voto al suo partito per il proporzionale anche se non c'era un candidato della sua lista all'uninominale".
Ben diverso il discorso con il Rosatellum, dove il voto disgiunto è vietato al di fuori della coalizione. "Se qualcuno vota il proprio partito nella quota uninominale ma una lista diversa, il suo voto viene annullato" spiega ancora Vassallo. Va ricordato che il Rosatellum prevede il 37% dei seggi (232 alla Camera e 116 al Senato) assegnato con un sistema maggioritario a turno unico in collegi uninominali in cui eletto il candidato più votato e il 61% dei seggi (rispettivamente 386 e 193) ripartito proporzionalmente tra le coalizioni e le singole liste che abbiano superato le soglie di sbarramento nazionali.
Di fatto, tra l'altro, in caso di coalizione la desistenza viene già messa in pratica: anche nelle ultime elezioni i collegi sicuri erano divisi tra i partiti della coalizione in una proporzione decisa in base ai sondaggi. L'unica desistenza possibile, dunque, anche se per Vassallo "e' improbabile", sarebbe quella tra il secondo e il terzo partito (sempre stando ai sondaggi) per evitare che il primo faccia il pieno nei collegi. In pratica se M5s e Pd attuassero la desistenza in alcuni collegi, la loro ipotetica somma sarebbe più alta del risultato della Lega (data tra il 35% e il 40%) e i loro candidati vincerebbero.
"Dal punto di vista puramente contabile - spiega il politologo - si tratta del genere di accordo che produce il massimo risultato: invertirebbe le previsioni, ribaltando le stime in termini di seggi". Ma "è una strada impraticabile" spiega ancora Vassallo, che adduce due motivi. Innanzitutto "dovrebbero mettersi d'accordo due forze politiche, Pd e M5s, che sono avversarie in campagna elettorale e dovrebbero spiegare questa scelta all'opinione pubblica". Inoltre i loro leader "dovrebbero esser certi di persuadere i loro elettorati a votare per un avversario". Insomma, la cosa appare così complicata e difficile che Vassallo non ha dubbi: se Pd e M5s facessero la desistenza tra loro "sarebbe un tale favore alla Lega che Salvini vincerebbe lo stesso".