Un gioco di incastri da fare invidia al Tetris, il celebre videogames anni Novanta: è bastato che si aprisse uno spazio in Lombardia, con la mancata ricandidatura di Roberto Maroni, che quello che sembrava impossibile mettere insieme ieri, Partito Democratico e Liberi e Uguali, diventa realizzabile oggi. Perchè la Lombardia è una preda troppo ghiotta per un centro sinistra, e soprattutto per un Pd, che cerca di recuperare consensi. La speranza dei dem è correre insieme agli ex capitanati da Pierluigi Bersani per tornare al Pirellone a distanza di 25 anni dalla 'parentesi rossa' di Fiorella Ghirlandotti, presidente di Regione che governò appena due anni, dal 1992 al 1994.
L'obiettivo di Leu è quello di incassare il Lazio, dove una larga coalizione di sinistra governa già con Nicola Zingaretti. Quella che si è aperta in Lombardia, dunque, è una occasione potenzialmente irripetibile e non è un caso che da domenica, giorno in cui Maroni ha annunciato che non si sarebbe ricandidato, si sono susseguiti gli appelli per arrivare ad una tregua tra Grasso e Renzi. L'ultimo è di ieri, su Repubblica. A spendersi sono i due pezzi da novanta del centro sinistra: il padre dell'Ulivo, Romano Prodi, e quello del Pd, Walter Veltroni. "Sarebbe un vero e proprio delitto presentarsi divisi in due regioni fondamentali per il Paese", dice Veltroni. "Le forze del centrosinistra recuperino il buon senso e si mettano insieme per le elezioni regionali e anche per quelle nazionali", sono gli argomenti di Romano Prodi. E lo stesso Matteo Renzi, che solo lunedì aveva detto "chi vota Leu fa vincere Salvini", ieri ha dovuto in parte rettificare: "Spero in una coalizione ampia, ma poi decidono i cittadini con il voto, non i giochi di potere o di palazzo".
I segnali che arrivano dalla controparte, tuttavia, non sono incoraggianti: "Gli appelli non bastano", fa sapere il segretario nazionale di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, mentre Pietro Grasso rimanda tutto alle assemblee regionali fissate per domani. In realtà, all'interno di Leu, la linea di Sinistra Italiana è quella della rigidità. Bersani, e con lui Mdp, sono più possibilisti. "Proviamo", si limita a dire l'ex segretario dem a chi gli chiede se una alleanza con il Pd sia ancora un obiettivo alla portata. Il fatto è che nel Lazio, Mpd e una parte di quello che un tempo era Sel governano già con Zingaretti. Sostenere il governatore uscente sarebbe, per loro, naturale. Inoltre, sembra ormai accantonata l'ipotesi di un sostegno da parte di una lista riferibile a Beatrice Lorenzin (ipotesi respinta settimane fa anche da Zingaretti).
Probabilmente ci sarà una lista di moderati per Zingaretti, ma nulla di riferibile al ministro della Salute. Diverso il discorso per Sinistra Italiana da cui, tuttavia, nelle ultime ore sembrano arrivare piccoli segnali di apertura. "Non abbiamo pregiudiziali" su Zingaretti "ma punti programmatici da affermare". E quando si comincia a parlare di punti programmatici, viene spiegato da fonti del Pd romano, significa che è fatta. E non sfugge nemmeno che la chiusura di Fratoianni a un accordo con il Partito Democratico si fermi alla sola Lombardia. Se per il Lazio, dunque, l'accordo sembra fatto, per la Lombardia la strada è quanto mai in salita.