“Si parla molto di digitalizzazione, ma la verità emerge quando si arriva al sodo, al momento di scegliere. L'approvazione o meno di questo emendamento ne sarà la prova”. Il deputato Pd Paolo Coppola commentava così all'Agi, lo scorso 12 dicembre, la sua proposta di introdurre un albo dei dirigenti per la trasformazione digitale e un fondo da 50 milioni di euro per incentivarne l'assunzione.
Se “una prova” sull'attenzione per la digitalizzazione doveva essere, è fallita. L'emendamento non entrerà nella legge di Bilancio. È stato ritirato: Coppola ha rifiutato una riformulazione proposta dal governo che, secondo il deputato, avrebbe reso il provvedimento “solo di facciata e non di sostanza”. Un altro firmatario dell'emendamento, Stefano Quintarelli (gruppo Misto), su Twitter ha parlato di “affossamento”.
Abbiamo appena affossato la proposta di @coppolapaolo che in pubbliche amministrazioni fosse dedicata una struttura per organizzazione, innovazione e tecnologie. (Per tamponare miliardi di perdite come emerso dalla commissione inchiesta informatica nella pa)
— Stefano Quintarelli (@quinta) 20 dicembre 2017
Che cosa prevedeva l'emendamento
L'emendamento avrebbe istituito, con un concorso pubblico, un albo di figure capaci di coordinare la trasformazione digitale nella pubblica amministrazione. E, grazie a un fondo di 50 milioni, avrebbe contribuito al 30% delle spese del personale. Il dirigente sarebbe rimasto in carica tre anni (rinnovabili). La proposta avrebbe introdotto incentivi e il vincolo di pescare dall'albo ma non l'obbligo di dotarsi di un dirigente per la trasformazione digitale. Anche perché un obbligo ci sarebbe già: è contenuto nel Codice dell'amministrazione digitale del 2005 che tutte le amministrazioni centrali avrebbero dovuto adottare entro il settembre 2016.
Una toppa a un fallimento
Peccato che in pochi abbiano rispettato obblighi e scadenze. Un fallimento cui l'emendamento ha provato a mettere una toppa. La Commissione di inchiesta sulla Digitalizzazione, presieduta proprio da Coppola, aveva infatti evidenziato che, su 13 ministeri, solo 8 hanno provveduto alla nomina. E su 14 città metropolitane, lo hanno fatto solo in 5. La Commissione aveva inoltre sottolineato non solo la scarsa quantità ma anche la poca qualità delle assunzioni. Le legge del 2005 prevede infatti che i dirigenti debbano avere competenze specifiche. Mentre, in molti casi, si è evidenziato “il rischio di assenza dei requisiti richiesti”. Degli otto responsabili nominati dai ministeri, “uno solamente è risultato essere in possesso di una laurea idonea al ruolo ricoperto”.