La giornata era iniziata con l'ottimismo di Matteo Salvini. "È il giorno buono", aveva preconizzato il segretario leghista. A dare una svolta la telefonata con Luigi Di Maio, ripresa dei contatti dopo il silenzio dei giorni scorsi.
Di rientro da una tappa elettorale a Catania, nelle consultazioni, a Palazzo Giustiniani, con Elisabetta Casellati, Salvini era apparso agli alleati, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni, positivo sulle possibilità di un dialogo con il M5s. E aveva indicato la via: avviare il confronto partendo da una "verifica" sul programma, accantonando veti reciproci e diktat sulla premiership. Uno spiraglio rimasto aperto per circa cinque ore.
Poco prima delle 19:30 è toccato al capo politico dei 5 stelle chiarire che non sarebbe stata una passeggiata. Il leader pentastellato ha confermato la sua disponibilità a "firmare un contratto di governo" alla tedesca, ma soltanto "a due" e con la sola Lega.
Per il Movimento "è difficile da digerire" l'ipotesi di sedere a un tavolo programmatico aperto anche a FI e FdI, ha affermato. "Ho detto a Salvini che siamo disposti ad accettare l'idea che quel contratto e quel governo potessero essere sostenuti da FI e FdI, che non potevamo impedire il sostegno di quelle forze politiche, ma era chiaro che l'interlocuzione dovesse avvenire tra noi due", ha aggiunto Di Maio.
Salvini pronto a metterci la faccia
Una dichiarazione che ha trovato una, seppur lontana, eco in quella rilasciata da Salvini poco dopo, a 180 chilometri di distanza. "Non c'è più tempo da perdere: o parte il tavolo centrodestra-5 stelle o mi faccio avanti io", ha detto il capitano leghista, lasciando intendere che vuole prendere direttamente su di sè l'iniziativa. "Non mi interessano le logiche politiche perché l'Italia ha fretta", ha aggiunto. "Come Lega stiamo facendo di tutto per dialogare con tutti e varare l'esecutivo. Continuo a sperare che si riconosca il voto degli italiani, che hanno scelto l'intero centrodestra come coalizione vincente".
"Non vorrei - ha ammonito - che ci fosse qualcuno che il governo non vuole farlo partire. Io proverò fino alla fine su questa linea, e, se serve mi metto in campo direttamente". Ma Salvini ha anche accusato i 5 stelle di mancanza di coerenza: "A giorni alterni Di Maio dice che vuole allearsi con la Lega e con il Pd. A me piace la coerenza e per questo dico che non andrò mai con il partito democratico, neanche se mi danno 30 ministeri. Se i 5 stelle sono ballerini, è un problema loro".
La strategia del 'punto di caduta'
Se in FI si assicura massima "fiducia" in Salvini, che avrebbe avuto una "disponibilità di massima" da parte di Di Maio nel corso della telefonata, e che avrebbero spinto il segretario leghista a esporsi anche davanti ai giornalisti, fonti autorevoli del M5s spiegano che la risposta tranchant di Di Maio a Salvini era nelle cose e che era irrealistico pensare che il Movimento potesse mutare la posizione in una partita in cui "perdere la propria posizione significa morire".
Su FI, in particolare, i 5 stelle non possono mollare, si sostiene. Se molliamo su Berlusconi ci molla Beppe Grillo - viene riferito -, ce lo ha detto a tutti anche nell'incontro dopo l'elezione di Roberto Fico, 'Qualsiasi cosa ma non lo psico-nano'.
La strategia - non è chiaro quanto concordata dai due leader - rimarrebbe quindi quella di arrivare al "punto di caduta" di un governo M5s-Lega. E la proposta dei 5 stelle sarebbe quella di dare alla Lega un 'peso' politico '50-50' nella composizione del governo. Poi Salvini potrà essere liberissimo di scegliere quei ministri e sottosegretari che ritiene possano garantire anche Forza Italia, si sottolinea. Ma, da parte 5 stelle, i 'no' sul partito di Silvio Berlusconi rimangono. E viene vista come molto ardua la strada con il Pd (malgrado la porta rimanga aperta), impraticabile l'ipotesi di un 'governo del presidente'.
In FI non tutti chiudono all'appoggio esterno
Sul fronte centrodestra, permane la chiusura a un appoggio esterno a un governo M5s-Lega sia da Forza Italia, sia da Fratelli D'Italia. FI definsice l'atteggiamento di Di Maio "immaturo"; più duro il commento di Meloni: "l'Italia ostaggio del bisogno disperato di Di Maio di sedere sulla poltrona del presidente del Consiglio dei ministri".
Ma nel contesto sono interessanti le parole del governatore azzurro Giovanni Toti: "Io trovo che sia un passo avanti il fatto che ci si confronti sui programmi, che non è affatto detto che un programma utile al Paese venga fuori da una sintesi dei programmi del Movimento 5 Stelle e del centro-destra. Mi sembra resti aperto il tema della premiership perché non credo che un governo a guida 5 stelle possa avere un appoggio esterno da parte di Forza Italia o Fratelli d'Italia. Questo vorrebbe dire contraddire il significato e la grammatica del voto".
Un modo di aggirare veti e tavoli a quattro non graditi ai 5 stelle, per Salvini potrebbe essere accettare un incarico o pre-incarico, ipotesi che il segretario leghista ha escluso con veemenza dopo il 4 marzo ("Se non ho i numeri non vado a cercare funghi in Parlamento"), ma che stasera ha evocato espressamente. "O in poche ore se ne esce o ci provo io ad andare al governo. E se va male si va a votare", ha ammonito.