Luigi Di Maio incassa la fiducia, data per scontata dai 5 stelle, ottenendo la rilegittimazione della sua leadership da parte degli iscritti alla piattaforma Rousseau, con l'80% dei voti a favore su oltre 56 mila totali, una partecipazione record. W il dibattito sulla riorganizzazione del Movimento, che ha tenuto banco nell'incontro di ieri sera, non viene considerato affatto esaurito.
Dopo aver chiesto allo staff della comunicazione di abbandonare l'Aula del confronto - espressione non di 15 ma di 50 parlamentari - la discussione sui 'secondi livelli', a partire dai sottosegretari, e sul futuro del Movimento 5 Stelle, anche oggi registra parecchi no alla costituzione di una cabina di regia ristretta che guidi il Movimento: un deja' vu rispetto al noto direttorio costruito per Roma, che - viene spiegato - non ha funzionato.
La proposta di un consiglio di saggi costituito da un gruppo di persone che rappresenti le diverse anime del partito, sarebbe stata lanciata ieri sera dallo stesso Di Maio indicando fra questi Roberto Fico e Alessandro Di Battista. Ma sull'ex parlamentare si sarebbero registrati parecchi malcontenti. Andando per ordine, l'eventuale 'war room' dovrebbe essere, per diversi parlamentari M5s, elettiva e non scelta dall'alto e, comunque, dovrebbe tenere conto delle competenze presenti in Parlamento e nelle istituzioni territoriali. Insomma, condivisa. Una domanda, questa, diffusa.
"Le linee politiche vanno definite in modo collegiale, senza rincorrere strategie comunicative e umori del momento. E solo dopo comunicare. In questo modo si riafferma l'importanza della politica su tutto il resto", ha detto, peraltro, nel suo intervento Roberto Fico, per la prima volta in assemblea da quando rappresenta la terza carica dello Stato. Per Fico "attualmente abbiamo un vertice che però non è adeguatamente sostenuto da percorsi di confronto e ragionamento e che alle spalle non ha tutto un meccanismo di pesi e contrappesi". Contrario a concentrare la riflessione solo "sulla fiducia da accordare o meno a una figura", il presidente della Camera annuncia che non parteciperà al voto su Di Maio.
Non avrebbe raccolto molti applausi l'intervento di Di Battista. La critica che gli viene mossa è quella che, ormai da esterno al gruppo parlamentare, fatica a comprenderne le dinamiche interne e i problemi, apparendo presuntuoso. E questo a diversi pentastellati non andrebbe bene: c'è chi quotidianamente, nelle Camere, porta avanti, con fatica, lo spirito e il programma del Movimento, e chi, in un continuo tira e molla, vuole dare indicazioni, viene spiegato. Nel confronto non è mancato nemmeno chi ha chiesto a Di Maio di ascoltare di più i gruppi e di fare sempre più squadra anche a livello decisionale.
Quanto alla riorganizzazione del Movimento, anche se ogni decisione è prematura, in molti guardano alla necessità di strutturare la presenza di referenti regionali e di realizzare una rete nazionale di punti di riferimento tematici. Ma ieri non è mancato nemmeno chi ha sottolineato la necessita' di un 'recall' periodico e interno sul lavoro di ministri e sottosegretari. Applaudito, in questo senso, sarebbe stato ieri sera l'intervento di Emilio Carelli che non avrebbe escluso nemmeno l'ipotesi di sostituzione in caso si verificassero delle inefficienze.
Intanto, nella giornata 'dell'attesa' non sono passati inosservati gli interventi social di due sottosegretari: Angelo Tofalo, che ha criticato il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, titolare del Dicastero, a cui, peraltro, lui stesso è stato nominato, e quello di Manlio Di Stefano sul caso del sottosegretario della Lega Edoardo Rixi che, condannato in primo grado, si è dimesso. Una uscita, alla luce delle fibrillazioni delle ore scorse, giudicata dal Movimento, quantomeno inopportuna.